Il ragno


Cosimo Colbertaldo

  18-06-2004

Quando ero piccolo, trascorrevo l’estate con i miei genitori, mio nonno e i miei cugini. Un anno i miei cugini mi raccontarono una storia che poi è entrata nella memoria comune della nostra infanzia.

Abitavano vicino a un bosco che, come capita spesso, era anche diventato il luogo delle loro avventure. A volte ci si andava in bicicletta e si provava ad essere temerari; altre volte ci si inoltrava a piedi, attenti alle ombre e ai fantasmi che i grovigli di rami e sterpi disegnavano attraverso la luce.

Spesso si inizia a provare paura quasi per gioco e si finisce per spaventarsi per davvero; allora il coraggio si misura sulla profondità delle fantasie.

Un giorno, mentre camminavano nel bosco, Matteo e Rocco trovarono un ragno piuttosto grande, immobile e fiero al centro della sua ragnatela.

Con un misto di stupore e timore, si avvicinarono e presero ad osservarlo.
Aveva il corpo peloso e ricoperto di macchie colorate, le zampe sembravano moltiplicarsi all’infinito e la tela era grande e intricata.

Matteo, da sempre trascinatore nello spingere i fratelli in giochi pericolosi, disse che avrebbero potuto andare a trovare il ragno ogni giorno e portargli da mangiare, in modo da farlo crescere.