L'inseguimento


Dimitar Georgiev

  02-07-2005

Una solita giornata a metà dell’estate, come tutto il resto del mondo normale, ho deciso di andare a passare qualche giorno al mare, per rilassarmi e riposarmi. Ho preso poche cose che mi servivano e sono partito. Arrivato alla stazione, compro un biglietto, trovo un treno per la mia destinazione ed entro. Il treno era ridotto piuttosto male ma non dava fastidio a nessuno, neanche a me. Camminando nel corridoio, trovo un posto a sedere. Era una cuccetta dove c’erano un signore anziano e una donna sui quaranta anni, insomma gente normale. Ma subito dopo la situazione mi è parsa un po’ strana, mi sono accorto che la signora guardava verso di me in modo strano e, come quando ero bambino e timido, comincio a nascondere il mio sguardo.

Poco a poco la situazione diventa sempre più imbarazzante, allora decido di cambiare cuccetta, esco fuori nel corridoio, comincio a camminare per cercare un altro posto. Guardando in giro, mi accorgo della signora che mi inseguiva, aveva un aspetto minaccioso, accelerai il cammino, ma in quel momento nel corridoio c’era un signore che, vedendo tutta la scena, si unì alla signora nel mio inseguimento. Passando da vagone a vagone con passo accelerato, incontravo delle persone e vedevo che anche loro si univano al gruppetto che mi veniva dietro.

Tutta la situazione mi è parsa strana, non capivo cosa stava succedendo, però avevo paura di tutta questa gente che mi inseguiva. Qualcosa nella mia testa mi diceva “scappa, scappa, devi scappare!”. Ormai il gruppetto è diventato un gruppo, c’erano più di dieci persone che mi inseguivano e io mi chiedevo cosa volevano da me.

In quel momento il treno si ferma in un paesino che non conoscevo e decido di scendere per sfuggire a tutte quelle persone. Pensavo che il mio incubo sarebbe finito lì, ma non è stato così. Anche loro sono scesi, urlavano, gridavano ed io non riuscivo a capire niente di quello che dicevano, solo mi facevano tanta paura, troppa.

Mi sono messo a correre, correvo veloce ma non riuscivo a scappare, il mio incubo diventava sempre più grande. Tutte le persone che incontravo per strada si univano al gruppo, che ormai era diventato così grande da far paura a chiunque.

Non so da dove veniva tutta l’energia che avevo, so che in testa sentivo sempre stesse parole: “Scappa, devi scappare!”. Non so quanto tempo è passato, correvo come matto e dietro di me uomini, donne, bambini che mi inseguivano. Non riuscivo più a ragionare, mi chiedevo cosa volessero da me. La paura cresceva, una paura che mi dava la forza di correre.

Poco a poco comincio a perdere forza, non correvo più così veloce, cominciavo a pensare di arrendermi perché non ce la facevo più, le mie energie erano esaurite e mi sentivo mancare, avevo la sensazione che la morte fosse vicina; sfinito e terrorizzato, ho deciso di arrendermi a quella folla inferocita.

Mi sono fermato, girandomi ho visto che anche loro si sono fermati. Ci guardavamo a vicenda, erano minuti interminabili, li vedevo parlare tra di loro ma non capivo cosa dicevano. La situazione era tesa, ma ho capito che non mi volevano morto e per me era già qualcosa. Si avvicina un signore con un bambino che lo tiene per la mano e con una voce preoccupata mi disse “Ma ragazzo, perché stai scappando? Hai paura di qualcosa? Vedi, noi tutti siamo qui per aiutarti. Vieni con noi che starai bene”.

In quel preciso istante si sono aperte tante domande per le quali non avevo risposte.