Ero giovane | |
Antonio Iannetta | 29-09-2008 |
Trentadue anni fa mi ritrovai su di un’isola circondata da correnti fortissime. Un’isola poco frequentata dai turisti e molto temuta da chi vi era destinato. Il nome aveva assonanze con un animale testardo, ma mite. Su quell’isola infatti ce ne viveva una specie unica di colore bianco.
Ero giovane, molto giovane.
L’impatto fu da incubo: sulla banchina attendevano gli ospiti cani e personale schierati in doppia fila e incazzati. L’isola era larga 52 Km² ed aveva sette sedi dove collocare gli ospiti a seconda delle esigenze e delle classificazioni. Mi toccò una sede dal nome strano, oltre che curioso: Fornelli. Coloro che vi erano destinati venivano prima sottoposti ad un trattamento speciale.
Ero giovane. Molto, molto giovane.
Terminato il trattamento vi giunsi. Certo, l’isola era meteorologicamente inospitale: caldo infernale e venti fortissimi regnavano sovrani. Anche la sede in cui venni a trovarmi era proprio invivibile: dai rubinetti usciva una poltiglia di fango e ruggine e, non di rado, grossi vermi bianchi.
Ero giovane, molto giovane.
Il cibo era indescrivibile a volerlo raccontare, figurarsi a mangiarlo. Mi dissi: “Ci sarà qualcosa che varrà la pena di un soggiorno simile!”
Ero molto giovane.
Anche la posta, incomprensibilmente, non arrivava mai in quell’isola. Dopo qualche mese, dimagrito e nervoso per l’assenza totale di ogni comunicazione, cominciai a lamentarmi dei disservizi. Il personale si indispettì e cominciò la sua “opera rieducativa” fatta di visite notturne, di bastonature quotidiane violente e sistematiche che sortivano l’effetto di rendermi più intemperante, meno socievole e molto più rabbioso.
Ma ero giovane. Molto, molto giovane. Trentadue anni fa.
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