Sogni in cammino

Daniela Barbini

19-09-2003  

La prima volta che si è parlato del “quadrato” non c’ero. Credo, che con questa immagine si voglia rappresentare una sorta di contenitore, che tiene in sé quello che ci rappresenta, quello che siamo. Nell’incontro precedente, mentre ascoltavo gli scritti di Ivan e Umberto, ho provato una sensazione come di disagio. Mi sono resa conto di aver sempre ricevuto un “pezzetto” di qualcuno, di aver potuto condividere una parte importante dei sogni e delle delusioni di una persona, perché questa, con tutte le difficoltà, aveva accettato di esporsi.

Anch’io all’interno del mio quadrato vedo quello che fu il mio primo sogno, più che sogno lo credevo l’indubbia realtà… ma sono bastati pochi anni per rendere la mia piccola certezza un sogno svanito.

Da “piccola” credevo che avrei fatto tante cose da “grande”, ma soprattutto credevo che sarei stata sempre accompagnata dalla mia sorella maggiore, che sarebbe stata la mia damigella di nozze ed io la sua, che mi avrebbe fatto diventare zia e che avremmo condiviso tante gioie e dolori. Il quadro felice, che mi sembrava la logica conseguenza della nostra infanzia, iniziò a svanire nell’adolescenza, quando il seme di una pianta folle cominciò a germogliare nella sua mente. Iniziò ad essere la mia sorellina e mi lasciò quando avevo 17 anni e lei 18.

Adesso all’interno del mio quadrato ho un altro sogno: vorrei, e mi sto impegnando per questo, diventare in gamba nel campo di lavoro che ho scelto, la psicologia. E’ stata, sicuramente, una scelta “condizionata”, dettata dalla reazione al dolore, dalla non rassegnazione al non poter fare più nulla, ma in questa scelta ci credo sempre di più, non potrei vedermi diversamente.

A volte penso a quel suo grande senso di vuoto, che la portava a rimettere tutta se stessa, che ha riempito la mia vita, nel bene e nel male, dal quale ho ricavato una direzione, al quale ho risposto con una scelta, come a continuare il sogno che avevo da bambina, adattandolo alla mia nuova realtà. Ricordo una frase che ha scritto uno di noi: raccolgo i cocci frantumati della mia casa, potrò costruire ancora…