Moralità e libertà |
Walter Madau | 14-06-2003 |
Introdurre il concetto di moralità, nella vasta area di cosa vuol dire libertà, delimita enormemente il campo; ancor meglio lo seziona in cosa sia giusto e sbagliato.
Aumenta la complessità nel giudicare cosa sia giusto o non giusto fare, o se realmente si parli di libertà (visto che la libertà di ognuno finisce quando inizia quella di un altro).
Ma il campo di ricerca rimane enorme perché lo spazio e la ricerca sono sempre nella nostra mente.
Nel nostro ultimo incontro, si è parlato a lungo di cosa può comportare andare a 200 km/h su una moto; penso che questo caso sia uno dei più banali e semplici da risolvere.
Se pensiamo a qualcosa di più reale e complesso, sembra quasi tornare nel pantano che offre l’utopia fantasma della libertà assoluta.
Proviamo allora a proiettarci in un piano di realtà diverso ma drasticamente vero, come quello della situazione afghana, dove figli di contadini, cresciuti in campi profughi, senza aver mai visto luce e telefono, vissuti fin dalla nascita in condizioni miserabili, dove appena s’inizia a camminare la prima occupazione è cercare il cibo per sopravvivere: quale significato può assumere per loro la parola libertà?
Questa gente dall’esistenza disgraziata, purtroppo non conosce nulla al di fuori della sua attuale situazione. La loro schiavitù nel non poter distinguere e scegliere, è paragonabile a quella di un tossicodipendente, che riconosce solo l’iniezione per non soffrire, per non lottare e per gioire soddisFATTO!
Ancor più, per i paesi civilizzati e industrializzati (sempre se ce ne fosse l’intenzione), quali criteri dovrebbe seguire una democrazia che volesse accettare la loro presenza dove si vive una vita libera e soddisfacente?