Don't cry baby, I died many years ago

Eric Bozzato

02-04-2004  

Don’t cry, baby, don’t cry, because I just died many years ago… Don’t cry.

La vita a volte mi sembra essere diventata solo l’anticamera di una vera esistenza, o forse è solo la speranza, quella di una vita più dolce, una vita d’amore, una vita in cui io non sia più un “duro” per esigenze di copione e quelli attorno a me non abbiano segnato il viso con segni indelebili, segni che provengono dal cuore.

Credo sia stanchezza quella che ho dentro, stanchezza delle parole, delle frasi scontate, delle emozioni vere tenute da tutti dietro uno scudo. Già, io… bravo, intelligente, diligente nell’esprimerle attraverso scritti, sguardi, sensazioni di pelle, ma poi assolutamente incapace di viverle con equilibrio, con naturalezza; mi sento impacciato, fuori luogo.

E’ l’eterno disagio che vivo nelle mie vie di mezzo, in quelle situazioni in cui divento onesto nei sentimenti, nell’espressione di ciò che sono e provo, in un ambiente in cui invece il mio punto “sicuro” di forza e di difesa è l’immagine e il ruolo di un criminale, classificato e riconosciuto tale dai “buoni della società”; o in ogni caso, da quelli che fanno parte dell’altra sponda, quella che va bene.

Lo stesso disagio lo provo anche quando faccio una vita onesta, quando all’improvviso il solito senso di inadeguatezza mi porta a non sentirmi al mio posto e ad abbandonarlo frettolosamente, per tornare all’identificazione sociale del mio dolore, del mio malessere; solo lì, tra la gente, i luoghi e le situazioni del mio passato riesco finalmente a sentirmi a mio agio.

E’ un sospiro di sollievo che dura ormai sempre meno, ogni volta che riaccade tutto ciò!

Dura giusto il tempo di un pensiero, quello delle difficoltà, della durezza della strada, del senso di solitudine interiore, quello che, anche in mezzo a cento persone che ti parlano, ti fa sentire lo stesso isolato.