I miei cerchi nell'acqua |
Antonio Tango | 21-09-2009 |
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Il mio nome? Questa è una bella domanda; chi sono io? E soprattutto, cosa voglio realmente? Mi chiamo Antonio, questa è una certezza, visto che questo nome me lo hanno dato i miei genitori. Però è anche vero che nella mia crescita, soprattutto per le scelte che ho fatto, sono stato diversi Antonio, ho indossato diverse maschere e, ogni volta che ne mettevo una, la mia certezza su come chiamarmi traballava. So che facevo questo per la mia insicurezza, fragilità, e per paura di affrontare le lotte della vita, cioè di fare i veri sacrifici, di assumermi realmente le mie responsabilità. Per questi motivi, principalmente, ho scelto la strada più facile. Poi è anche vero che la voglia di potere ti logora dentro e ti fa correre sempre di più; corri talmente tanto da perdere la cognizione dell’insieme, cioè non ti rendi più conto di cosa è giusto o sbagliato, del male che ti fai e che fai a chi ti ama, senza contare i danni e il male che fai agli altri. A quel punto il tuo progetto è solo quello di correre, correre e correre. Menti a te stesso, dicendoti che è quello che vuoi, ma in realtà stai buttando via la tua vita, perché correndo non ti accorgi delle piccole cose, che sono il nettare della tua crescita. Ora, grazie a mio figlio Michael e grazie alle persone che sono soprattutto Giorgio Bertazzini e Angelo Aparo, sono qua ad ascoltare e a cercare di rispondere ai miei cerchi nell'acqua. Loro hanno saputo lanciare i sassolini giusti nel mio stagno e così i cerchi che sono stati attivati hanno fatto sì che mi rimettessi in discussione. Ora il mio progetto non è più quello di correre. Oggi il progetto è di una semplicità da far paura e, allo stesso tempo, è maledettamente difficile per me, che ho avuto tante maschere e ho corso tutta la vita. Il mio sogno è quello di chiedermi e scegliere il colore della maglietta che vorrò indossare e non come entrare in banca, è di assaporare ogni istante la crescita di mio figlio e, soprattutto, è di continuare a fare crescere in me la voglia di pormi le domande e di risolverle, ma questa volta camminando. Non voglio più correre, il mio stagno deve continuare a fare i suoi cerchi. Questo è il progetto che custodisco nel mio principale cassetto, e ce la metterò tutta affinché questo diventi una stabile certezza, come il nome che mi hanno dato i miei genitori.
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