Il grembiule della fata |
Nuccio Di Mauro | 03-01-2010 |
Il luogo dove trascorro attualmente larga parte delle mie giornate è la Polisportiva, dista pochi metri dal mio posto di lavoro che è la rilegatoria. Sono contento di aver ottenuto l'incarico di collaborare con la Polisportiva; riesco a conciliare egregiamente le due attività e inoltre devo dire che per me è molto importante avere un computer e una stampante che mi permettono di realizzare gli scritti per il gruppo e non solo. Si, è un luogo abbastanza silenzioso dove puoi riflettere e mettere ordine ai tuoi progetti presenti e futuri. E' vero che alla mia età e nelle condizioni in cui mi trovo non è facile progettare un futuro… è la prima volta, nella mia esistenza, che provo quella bramosia di dare ordine anche ai miei pensieri.
Provo malessere quando penso a come ho speso gran parte della mia vita, ma in fondo credo che questo sia una componente indispensabile per poter rendere più consistente la struttura, quella struttura barcollante o addirittura assente che ha fatto di me un uomo senza Dio e senza "libertà". Adesso più che mai, sono convinto che per poter condurre quella vita "normale", che fa di un uomo anche un cittadino, è indispensabile imparare a gestire la propria "libertà".
Il concetto di libertà è stato largamente illustrato dal dott. Aparo e francamente posso dire che non è facile coglierlo nella sua interezza. Mi chiedo: quali sono i confini che delimitano la libertà? Quando io limitavo la libertà altrui, questo mi faceva sentire libero? O era solamente una sfida? Sfida con chi? Era forse la sfida che mi faceva sentire libero? Ero cosciente di commettere reati? Ero cosciente del rischio di tornare in galera? E allora perché li commettevo? Per sfida? Per sentirmi libero? Per il gusto di sconfinare? Delirio di onnipotenza o semplicemente perché credevo di non pagare il conto? In questo momento mi viene un vago sospetto che, forse, nessuna di queste cose sia del tutto vera. Ma non chiedetemi perché, onestamente non lo so nemmeno io.
Ciò di cui parliamo al gruppo suscita domande e riflessioni, quelle che abbiamo tenuto distanti durante il cammino della nostra "vita". Sono consapevole che il "viaggio" intrapreso sarà tortuoso e pieno di insidie che si presenteranno nei momenti più impensati e credo che è proprio in quei momenti che, a seconda di come gestisci l'imprevisto, puoi riconoscere se la tua vita ha preso la svolta "giusta".
Per quanto mi riguarda, nel corso di questo viaggio, sto provando tanta sofferenza e poche soddisfazioni, ma non mi piango addosso perché mi piace pensare che un giorno lascerò il carcere a testa alta, da cittadino a pieno titolo, pur nella consapevolezza del "marchio" che mi accompagnerà per tutta la vita. Ma non sarà questo che mi impedirà di cercare quella fata di nome "libertà".