Due vicine di casa |
Silvia Casanova | 23-05-2003 |
Nella mia mente la parola libertà evoca la sensazione di un viaggio; incontro dentro di me un luogo dove spingersi è faticoso e doloroso. Vedo un posto buio, quello della paura.
Forse in me libertà e paura abitano un po’ come sullo stesso pianerottolo, e sento che avrei bisogno di farmi due chiacchiere con loro, magari sorseggiando del tè.
Seppure incuriosita dai due strani volti, dai diversi modi di stendere la biancheria sulla terrazza, dalle opposte maniere di guardarmi che hanno, non distinguo ancora come mai non mi avvicino a queste due signore. Le guardo ancora da lontano; mi serve del tempo per essere pronta a sentire quello che, sono sicura, hanno da dirmi.
E come sono diverse…
La signora Libertà apre le persiane delle sue finestre alle ore più disparate del mattino, sorride, si sgranchisce guardando il sole e sbatte i suoi tappeti canticchiando sulla musica di sottofondo che annuncia l’umore della giornata.
La signora Paura schiude poco poco le sue persiane, porta degli occhiali spessi sopra ad un piccolo nasino e non sorride; è sempre così pallida e si ritrae velocemente se mi vede sulla strada a leggere il mio giornale.
La Signora Libertà quando mi vede mi fa un cenno di saluto e a volte commenta con me il tempo che fa. Poi mi dice che ha un po’ di fretta, lei è sempre di corsa, finiti i mestieri di casa, chiude tutto e corre giù, salta in macchina e se ne va, forse al lavoro, forse a far colazione in centro, chissà.
La signora Paura sbatte velocemente i suoi tappeti e chiude le persiane, ma la scorgo dietro ad esse. Mi guarda, come se volesse non vedermi più seduta sulla panchina. Esce in fretta, sempre ben vestita, sempre ben coperta (forse soffre molto il freddo) e, sempre puntuale, accende la sua automobile, si guarda intorno, si sistema gli occhiali, si chiude nell’abitacolo e se ne va. Tutte le mattine. La signora Paura sembra proprio un’abitudinaria.
Le osservo da diverse mattine: i gesti della signora Libertà sono così morbidi, sereni, saltella da una finestra all’altra oppure si trascina sonnecchiante a guardare dai vetri il cielo del mattino, d’inverno.
La signora Libertà torna alle ore più disparate del giorno o della sera. Spesso torna e si mette a cucinare per gli amici che vengono a fare quattro chiacchiere con lei. La signora Libertà ha molti amici, tutti diversi tra loro, di tutte le età, di tutti i colori… con loro chiacchiera e ride; ridono così tanto insieme che la notte, quando se ne vanno, lei li accompagna con lo sguardo dal balcone, manda loro un bacio con la mano, sbadiglia ancora sorridente, finisce il suo bicchiere di vino, chiude le persiane e si addormenta, a volte sul divano aspettando la fine del cd, a volte nel suo grande lettone che si intravede dalle tende colorate di organza leggera.
La signora Paura torna sempre alle 18, corre veloce al suo appartamento senza mai prendere l’ascensore, apre le persiane, ma solo d’estate quando la luce resta ancora fino a sera inoltrata, cucina per sé, fa una telefonata. Si vede la luce che fa la tivù a volte, a volte invece solo quella di una piccola lampada, forse legge, o pensa o è triste perché è sempre sola. Poi intorno alle 23 tutto si fa buio e io suppongo che la signora Paura sia andata a dormire.
La signora Libertà a volte fa le ore piccole, a volte va a letto presto, a volte ha tanti amici e resta con loro nella sua casa, a volte esce, a volte rimane fino al mattino a parlare con qualche amica delle delusioni d’amore o delle rispettive passioni. La signora Libertà a volte si arrabbia, a volte piange, a volte vuole star sola con i suoi pensieri, a volte ride, mangia, chiacchiera. E’ la signora del suo tempo, canta della vita, compra dei fiori, si profuma di lacrime e sorrisi.
La signora Paura ha uno sguardo sempre triste, e nelle sere d’estate, quando fuori tutto è tranquillo, si affaccia per sentire la signora Libertà cantare e ridere, e quando la vede uscire tutta bella e profumata le scende una lacrima… io saluto la signora Libertà che esce mentre la signora Paura dietro alle tende scure alza poco una mano come per mimare i nostri gesti, ma continua a piangere, nascosta e sola.