Dopo il sabato col Gr. Trsg

Lucia, Ale, Giacomo A e B, Pietro, Martina


Giovanni Mentasti

  02-03-2008

 

Pietro: Dino stamattina mi ha colpito quando diceva che chi commette reati si sente nel giusto; secondo me è un discorso solo relativo.

Giacomo: Si è sicuramente fatto un percorso perché andasse così.

Giacomo A: Dino ha fatto anche un discorso sulla cultura del crimine.. è un discorso che non mi trova d’accordo. L’ha elaborata solo dalla sua parte. Chiunque saprebbe distinguere: uno appena nasce capisce cosa è bene e cosa è male. La libertà permette a ciascuno di scegliere cosa fare finché non si invade quella degli altri.

Lucia: Magari non ne sono conscio – faccio male a lui perché mi sento libero di farlo.

Giacomo A: Sentirsi liberi: la leggerei alla luce della frase “la libertà può essere interpretata con responsabilità o incoscienza”.

Lucia: Io non mi sento meno libera se non invado la libertà di qualcun altro.

Giovanni: La libertà può cominciare quando inizia quella degli altri. Ad esempio due che giocano con una palla da rugby, possono farlo solo perché alimentano le libertà di entrambi.

Pietro: Due che giocano a pallone – possiamo vederli anche come due che perdono tempo mentre le famiglie stanno a mantenerli: ledono la libertà dei genitori? E’ probabilmente un gioco di cessioni di libertà, uno scambio. Cerchi senza confini netti.

Lucia: La libertà è più grande nel momento in cui garantisco la libertà dell’altro (figlio-genitori). La mia libertà aumenta nel far capire all’altro che esiste la sua libertà. In questo modo aumenti anche la tua; te ne accorgi quando fai servizio.

Pietro: l’altra sera discutevamo se potesse essere “servizio” quando dai e ricevi, in uno scambio in cui ci guadagni. Quando aumenti anche la tua libertà, stai facendo servizio verso gli altri? Alla fine è emerso che è proprio così.

Giovanni: Come si arriva alla condizione di non sentirsi liberi?

Giacomo A: Mi ha colpito il discorso di Pasquale sulla prigione. Vedersi separato dalla società, rimanere isolati. La libertà data, come la puglia (la posta data al giocatore di poker per poter cominciare) e la libertà che si costruisce. La libertà è data – spetta a noi mantenerla. Altro è il discorso di quando si è scommesso più di quello che ci è stato dato.

Martina: Ok che la libertà c’è dalla nascita, però la soddisfazione è maggiore quando si vive la libertà che si è costruita.

Giacomo B: Sbagliando le piccole scelte, per condizione o situazione, si infrangono le regole della convivenza.

Alessandro: Una fede che ruolo può avere per i carcerati?

Giacomo B: E’ uno strumento.

Pietro: Quanto si possono sposare responsabilità e piacere? Quando ti confronti con qualcun altro; quando qualcuno riesce ad avere in testa i suoi figli quando sceglie.

 

Restituzioni scritte

Le testimonianze e le riflessioni sugli errori commessi, anche se portate all’estremo esempio del carcere, sono servite per ragionare sul mio atteggiamento circa i miei errori. Parlando con i detenuti, sembrava di avere uno specchio davanti agli occhi, dove era possibile guardarsi e “giudicarsi”. Probabilmente due soli giorni non sono stati sufficienti per assimilare tutti gli stimoli che ho ricevuto, ma solo per sentire l’esigenza di capire e ragionarci: spero che ciò mi porterà a sentire miei i concetti che mi è sembrato di condividere. Sono troppe le tematiche di cui vorrei parlare e conoscere, ma senza dubbio alcune mi hanno costretto a riflettere più di altre: la dignità del riscatto, l’onore nel volersi assumere la responsabilità delle proprie scelte.

 


 

Questo workshop mi ha lasciato quasi incantato dai sentimenti che provavo io e da quelli che trasparivano di tutte le persone che ho incontrato in questi 3 giorni; ho visto occhi che quasi ho paura di non incontrare più. Perché è difficile portare tutto ciò nella vita di tutti i giorni? Mi piacerebbe tornare.. e spero che la mia “storia” mi riporti in questi luoghi, in queste realtà che in 3 giorni mi hanno colpito e non ancora cambiato… perché per cambiare ci vuole un lavoro sotto, e spero di proseguirlo.Quasi vorrei che, attraverso i miei occhi, vedesse chi non ha la possibilità o la voglia di incontrare questa realtà. La finestra, a parer mio, è importante perché è l’unico contatto con la realtà.. con l’aria che si respira fuori, molto diversa da quella che c’è dentro.Come ultima cosa, da vittima è stato strano incontrare coloro che avevano commesso reato. Ho sempre saputo che è quasi impossibile perdonare per certe cose che avvengono.. ma in questi giorni ho provato a crescere.. a interrogarmi.. e forse, grazie anche a questa esperienza, il perdono farà parte del mio vocabolario.

 


 

Colpita dalla volontà dei carcerati di poter ricominciare nonostante le difficoltà e i pregiudizi, e da quella dei membri esterni del gruppo, i non carcerati, di cercare e far propria una strada per unire due mondi opposti, pongo delle domande:

 


 

Alcune domande che non ho fatto per questioni di tempo, o perché non mi sembrava opportuno chiedere. 

 


 

La prima cosa che ho pensato entrando a S.Vittore è stata la paura. Non delle persone che avrei incontrato ma la paura di dire, pensare cose sbagliate. Io sono una persona di poche parole, a cui piace molto ascoltare; infatti nell’incontro mi sono limitato ad ascoltare perché in testa avevo una moltitudine di idee, pensieri che sgomitavano per farsi avanti. Dopo i vari incontri fatti penso di essere cresciuto e che molte persone, tra cui forse mi rivedevo anch’io, prima avevano dei pregiudizi sui detenuti. Adesso sono contento di potermi ricredere e di aver capito che come la pensavo prima non portava a niente. Vi voglio ringraziare, anche se è poco. PS. una domanda.Che ruolo ha per voi la Fede (non necessariamente religiosa)?  

 


 

E’ stata un’ottima esperienza che proporrò caldamente agli altri membri del mio clan.Grazie. Penso che questa esperienza sia stata il miglior esempio di quella frase scout che dice che la punizione ci deve essere ma, una volta scontata, i rapporti tornano quelli di prima. Questa è la risposta alla domanda che ci avevate proposto. Penso che piacere e responsabilità siano direttamente collegati quasi esclusivamente nelle situazioni in cui la nostra scelta sia volta verso altri. Oppure, nel caso in cui la scelta in considerazione coinvolga soltanto noi, penso che il piacere, legato ad una scelta responsabile e magari più “faticosa”, sia dato dalla speranza che quella scelta dia il “buon esempio”, influenzi positivamente quelli che ci stanno intorno. 

 


 

Esiste davvero una strada per collegare piacere e responsabilità? E’ quindi veramente possibile il piacere della responsabilità o si tratta solo di pubblicità? Partiamo dal presupposto che l’uomo è un animale sociale. Ciò significa che la sua felicità e soddisfazione dipendono dal rapporto con le altre persone. Chi di noi può immaginare una vita priva di rapporti interpersonali? Dunque; visto che la nostra esistenza è correlata ad altre esistenze, è necessario tenere un comportamento responsabile, ovvero rendersi conto delle conseguenze che possono derivare dalle nostre azioni. Solo così si può garantire il rispetto della altrui libertà, e quindi della nostra. E’ questo il fondamento della vita in comunità, che può regalarci felicità e soddisfazione. Questo è il “piacere della responsabilità”. Si potrebbe anche dire “piacere DALLA responsabilità”, essendo questa ciò su cui si fonda, secondo me, la società.