Lettera al Presidente |
Luigi Petrilli |
Gruppo Trsg Esterno |
17-05-2012 |
Alla cortese attenzione del Presidente
La costituzione della Repubblica Italiana è entrata in vigore il 1° Gennaio del 1948. Tra principi fondamentali e diritti e doveri dei cittadini ci sono scritte cose molto importanti. Il 1° articolo dice che ”l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione.”
Il trucco sta proprio nei limiti, limiti che si allargano e si restringono a seconda dei casi e delle persone: Guarda ma non toccare, tocca ma non desiderare, desidera ma non accettare. In sostanza, o fai quello che ti ordino io o sei condannato. Quindi, se scappi ti sparo, ma se ti fermi ti accoltello. L’unico modo per non essere né accoltellato né sparato, è creare le condizioni giuste affinché tutti possano avere la possibilità di scegliere se lavorare o delinquere.
Egregio Signor Preidente, pur rispettando la sua carica e la sua persona, sono stato abituato a non credere ai politici e alla politica, almeno finché di fatto qualcuno non farà qualcosa di veramente tangibile. Capisco che per un politico non è facile risolvere tutti i problemi. Ma la delinquenza è un argomento assai importante, anche se delicato per una parte delle istituzioni e trascurabile per l’altra parte. Oggi che me ne viene data la possibilità dico che all’orizzonte c’è un movimento importante. La domanda è: Ce ne vogliamo servire?
Il mio nome è Luigi Petrilli, un detenuto in regime di affidamento. Durante la mia detenzione ho fatto parte del gruppo della trasgressione; ora per impegni di lavoro non posso essere presente fisicamente, almeno per il momento, ma come vede mi tengo aggiornato. La misura carceraria oggi, cosi com’è, non serve alla rieducazione, ma fa sì che cresca l’odio giurato alle istituzioni e verso i suoi rappresentanti. Non si può mandare un lupo a guardare un gregge, ci vuole qualcuno capace di mettere sulla strada giusta la pecora discola che non segue la massa. Questo qualcuno di certo potrebbe essere “Il gruppo della trasgressione”.
Deve sapere che al gruppo ci si arricchisce intellettualmente sfruttandosi a vicenda e creando alleanze utili per la crescita. Il detenuto ci mette un po’, ma superata la diffidenza si affeziona al gruppo della trasgressione che non può farne più a meno. Ricordo che quando sono stati sospesi gli incontri del lunedì e dunque non vedevamo i membri esterni del gruppo, la nostra giornata diveniva triste tanto da sentirci traditi. Questo perché si erano fatti dei progetti e noi ci sentivamo parte del progetto stesso.
Al gruppo si lavora assieme sulla rabbia che porta le persone alla devianza, ma anche i liberi cittadini a recuperare il rapporto con il padre prima di ucciderlo. Al gruppo si cresce anche culturalmente. E’ come essere all’università, impariamo finalmente che leggere ci dà più gioia di andare a spacciare o a rapinare. Impariamo finalmente, anche se non del tutto, ad accettarci e riconoscere noi stessi negli altri individui. Plachiamo l’astio verso chi ci ha rinchiusi e finalmente, ci sentiamo colpevoli dell’offesa fatta riconoscendo anche la vittima. Lavoriamo su limiti, confini, rancore, riconoscimento immediato, odio, vitalità e arroganza figli dello stesso seme.
Tante sarebbero le cose da dire, ma effettivamente solo alleandosi a noi potrebbe capire. Oltretutto, per tutto il gruppo sarebbe un vero onore apprendere qualcosa da lei.
Tutti sono bravi
A raccogliere…
Senza aver prima arato
Seminato e coltivato
Con osservanza
Petrilli Luigi