Gli agenti di polizia penitenziaria in Università |
Angelo Aparo |
06-03-2008 |
La professoressa Tirelli, docente di Diritto penitenziario alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di Milano, invita ogni anno gli allievi del suo corso a riflettere sugli obiettivi della pena, sui mezzi di cui gli operatori penitenziari dispongono nella realtà carceraria per onorare il loro mandato, sugli ostacoli contro i quali l’obiettivo della rieducazione spesso si arena o fa naufragio. All’interno della sua cattedra, conduco un seminario su “La rieducazione in carcere”.
Come è noto, tutto il personale penitenziario è chiamato a contribuire all’acquisizione da parte del condannato delle competenze e delle motivazioni che concorrono a farne un cittadino più capace di rapportarsi alla collettività e alle istituzioni e più responsabile verso i familiari e verso se stesso.
In tale programma, il corpo di Polizia Penitenziaria assolve una funzione centrale, funzione che con l’ultima riforma è stata ancora più fortemente sottolineata e codificata.
La Legge 395/1990 ha sancito il formale riconoscimento della professionalità acquisita, del lavoro svolto con sacrificio ed abnegazione in un settore, quello penitenziario, dove la necessità primaria è quella di far convivere le esigenze della sicurezza con la finalità del trattamento rieducativo dei detenuti e degli internati. |
Gli agenti, tuttavia, si trovano a fare i conti con la stessa penuria di mezzi di cui patiscono gli altri operatori (carenza di personale, di investimenti, di attenzione da parte della società esterna, di iniziative organiche e programmate da parte delle istituzioni esterne al mondo penitenziario).
“…la legge del ’75 non è stata ad oggi compiutamente realizzata per difficoltà oggettive, vuoi per complessiva inadeguatezza vuoi per l’incidenza di fenomeni contingenti o endemici, sicuramente gravi, che hanno a volte indotto ad assecondare i timori di una opinione pubblica non correttamente informata” E. Di Somma, Giustizia.it, 2-12-2005 |
Con l’iniziativa in oggetto, si punta a far sì che un gruppo di agenti e di ufficiali di San Vittore possa contribuire con la sua presenza alle lezioni in Università ad avvicinare la popolazione studentesca all’obiettivo della rieducazione previsto dalla nostra Costituzione e, allo stesso tempo, alle difficoltà che gli operatori incontrano nell’espletare la loro funzione.
In particolare, la presenza degli agenti in Università ha come scopo di avvicinare gli studenti del corso agli agenti stessi per:
Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti. LEGGE 26 luglio 1975 n. 354, art. N°1 |
Si confida, inoltre, che gli agenti, mentre contribuiscono con la loro esperienza ad arricchire di contenuti e di vivacità le lezioni, si troveranno essi stessi nella condizione di riflettere sull’importanza della loro funzione, sugli strumenti di cui dispongono o di cui mancano, su ciò che la società si attende da loro, sui mezzi con cui avvicinarsi ai giovani. In altre parole, si ritiene che incontrare gli studenti all’università potrà essere per gli agenti e per gli studenti del corso un’esperienza formativa tanto gratificante quanto responsabilizzante.
Si evidenzia, infine, che da diversi anni, alla fine del corso, gli studenti della prof.ssa Tirelli incontrano il gruppo della Trasgressione, con il quale i temi di cui sopra e le reciproche attese fra società civile e condannati diventano ogni volta motivo di riflessione e di vitale confronto.
Con la partecipazione alle lezioni degli agenti, tale momento potrebbe essere esteso questa volta a un piccolo gruppo del corpo di polizia penitenziaria, così da arricchire lo scambio e responsabilizzare tutti e tre i vertici del triangolo attorno all’idea centrale dell’iniziativa: riaffermare che obiettivi primari della nostra Legge sono il riconoscimento reciproco fra cittadini e la loro cooperazione.
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