Il ballo |
Livia Nascimben | 11-12-2007 |
Poco tempo fa torno a casa da un incontro in carcere e sento dal pianerottolo dell'ascensore una musica a tutto volume venire da casa mia, entro e trovo i miei genitori, mio fratello e la sua ragazza che ballano in sala. I miei stavano dando lezioni di ballo a loro due che hanno iniziato un corso un mesetto fa. Mi chiudo in camera mia nera di rabbia per quell'insopportabile rumore. Volevo leggere un libro ma la musica era talmente alta che non riuscivo ad ascoltare le parole che leggevo nella mia mente: che cafoni!
D'un tratto la rabbia si è placata e sono diventata triste: ero arrabbiata non per la musica alta ma perché loro si stavano divertendo, si muovevano, ridevano, sbagliavano e continuavano e a volte a me pare di non avere accesso a quel modo di stare insieme.
Questa consapevolezza non ha mutato la mia tristezza ma mi ha fatto sentire meno impotente e meno ostile nei loro confronti.
Oggi quando ricapita che i miei insegnino delle figure di ballo a mio fratello e la sua ragazza, io invece che sparire dalla circolazione rimango a guardarli e a fantasticare di essere prima o poi libera di muovermi.