Mia sorella


Antonella Cuppari

  19-07-2004

Ciao,

sono tornata ieri dall'Inghilterra. Ero spaventata da quello che mi aspettava. Sull'aereo (l'ultima volta che l'ho preso avevo cinque anni) mi chiedevo chi me l'aveva fatto fare di andare in Inghilterra quando potevo fare la mia tesi qua in Italia, al sicuro.

Ho trascorso cinque giorni in una comunità per adolescenti autori di reati sessuali, che al tempo stesso erano quasi tutti ex-bambini abusati da chi, contemporaneamente, gli forniva cure e affetto familiare. Difficile definirli colpevoli o vittime, difficile definire quella comunità un luogo di punizione o cura. Quello che soprattutto si sentiva nell'aria era un'urgenza di crescere, di poter diventare padroni delle proprie scelte, della propria vita.

In quella comunità “… non c'erano regole, ma confini”; e i confini non sono rigidi ma si stringono e si allargano a seconda delle scelte e delle azioni che le persone fanno. Il direttore diceva che “… quando un ragazzo compie una scelta sbagliata, quello che ne deriva non si chiama punizione ma conseguenza. La conseguenza permette di sentirsi parte responsabile e attiva di ciò che accade nella vita; parlare di punizione fa sentire piccoli e cattivi”; diceva che il compito di quella comunità è fornire gli strumenti che aiutano il ragazzo a pensare le proprie emozioni e a diventare adulto.

In comunità ho preso parte alle attività educative, compresa l'ora di montaggio del film che realizzano ogni anno.

Ho parlato tantissimo del Gruppo della Trasgressione, delle potenzialità e dei limiti di lavorare in carcere, la struttura punitiva per eccellenza. Ho parlato del rapporto con i detenuti e di quello che facciamo, di come gli scritti del nostro gruppo siano uno spazio diverso per mettersi in relazione con la società e con le parti di sé più oscure.

Devo ammettere, con un po' di rabbia (ma poca), che in Inghilterra non me la sarei cavata senza l'aiuto di mia sorella. Eppure è stato divertente cimentarmi con l'inglese, sicura del fatto che, per qualsiasi cosa, mia sorella poteva aiutarmi a comunicare.

Ho avuto la conferma di tanti miei limiti (non so parlare bene l'inglese, non so giocare bene a stecca...) eppure viverli nella realtà invece che nasconderli, me li fa vedere meno pericolosi. E poi, non è detto che con l'allenamento non possa migliorarli.

See you soon

Antonella