Il mio passato

Fabio Licciardi

03-07-2004  

In alcuni momenti ho la sensazione di muovermi all’interno di un’alterazione temporale, mi sembra di vivere un presente inattuale, avere progetti futuri che si originano dal passato remoto, un passato che invece sembra presente, un contesto, quello in cui vivo, che completa la mia confusione emotiva.

Come riuscire ad agire nel presente se il passato riesce ad essere ancora così influente? Del mio passato remoto ricordo che vivevo al limite della legalità, riuscivo con molte difficoltà ad avere comportamenti responsabili, cercavo la mia visibilità attraverso il riconoscimento da parte dei miei amici.

Dei miei genitori ricordo l’immenso amore ricevuto, non ricordo, invece, un momento in cui loro non abbiano accontentato i miei capricci, pur se questo costituiva la rinuncia ad ogni loro sogno. Nonostante questo, il mio comportamento in casa non era certo quello che i miei genitori desideravano; ho ancora chiare nella mia mente le parole di mia madre: mi rimproverava rammaricandosi che il mio comportamento era tanto maleducato in casa nostra quanto esemplare quando ero a casa di amici o parenti; insomma il mio tetto di casa mi stava stretto. Mia madre con la sua calma cercava di farmi capire i miei errori, ma trovava in me solo un mezzo per arrabbiarsi.

Oggi ripenso spesso a quei momenti, da quando ho dichiarato guerra ai miei fantasmi ripercorro quei comportamenti e credo di avere individuato nel desiderio di farmi accettare dagli altri l’origine dei miei comportamenti poco responsabili. Ritenevo invece l’amore dei miei genitori una cosa scontata, che non c’era bisogno di conquistare. Seppure fisicamente vivevo nella mia casa, credo che psicologicamente ero proiettato fuori da essa, infatti quando stavo con i miei zii mi comportavo nel migliore dei modi, ottenevo quello che stavo cercando attraverso i complimenti che i miei zii facevano ai miei genitori per la mia educazione: avevo trovato il mio riconoscimento.

Ben presto mi resi conto che anche la scuola era un tetto che mi limitava, proprio non riusciva a coprirmi, e tutti i consigli dei miei genitori a proposito dell’importanza dell’istruzione da un orecchio entravano e dall’altro uscivano.

La ricerca di un continuo riconoscimento, oltre a quello che già avevo ottenuto dai miei zii, mi spinse ad identificarmi con tutti quei ragazzi che come me non si riconoscevano nella vita scolastica. Inoltre m’illusi di potere comprare amicizia, amore e rispetto investendo tutto l’amore ricevuto dai miei genitori su quelli che allora ritenevo persone uguali a me.

Nel paese dove vivevo i posti per noi ragazzi erano due: l’oratorio e la piazza; visto che i ragazzi con cui non mi riconoscevo frequentavano l’oratorio io simpatizzavo sempre di più con quelli che frequentavano la piazza. Quanto ho desiderato visitare quella piazza, ma sia la presenza dei miei genitori sia la mia giovane età non mi permettevano di realizzare quel desiderio, fantasticavo su quando sarei diventato grande affinché i miei genitori mi consentissero di uscire da solo per andarci.

Il tempo passava ed io ebbi l’opportunità di cominciare ad uscire dal mio tetto, ricordo che l’amicizia con Daniela, una mia coetanea che abitava al primo piano, fu il primo passo verso la libertà che cercavo.
Con lei riuscivo a parlare dei miei sogni e delle mie paure, non vedevo l’ora di tornare da scuola per andare da lei, e con lei dagli altri amici nella nostra via sotto casa, eravamo molto creativi: ogni volta trovavamo modi diversi per passare il tempo libero. Una volta costruimmo nel sottoscala un ufficio in cui giocavamo a fare gli impiegati con incarichi speciali, è stato un periodo in cui mi sentivo bene, i miei viaggi fuori di casa erano sempre più frequenti, a volte anche dopo avere cenato uscivo di casa mia e andavo a casa di Daniela.

Daniela responsabile, educata, brava negli studi era all’opposto di me: irresponsabile e pessimo studente, si può dire che ci completavamo, tanto che riuscivamo ad essere rifugio uno per l’altra. Lei viveva con sua madre e suo fratello, ma la maggior parte del tempo lo passavamo insieme, inoltre con la scusa di fare piccole commissioni spesso andavamo in quella piazza.

Ormai c’era solo l’amicizia che mi legava a Marco, uno della mia via, che mi teneva lontano dalla piazza luogo delle mie paure e sogni; Marco aveva qualche anno più di me, l’amicizia con lui era speciale, come le stesse esperienze che facevamo insieme. Ricordo che avevamo delle biciclette Bmx, con cui facevamo delle corse bellissime, andavamo fino alle “montagnette”, un luogo isolato dove anche altri ragazzi si divertivano con le loro biciclette.

Un giorno decidemmo di costruire una casetta in quel luogo, andammo a rubare delle tavole di legno nei cantieri edili che trasportavamo con un carretto costruito in precedenza, bancali di legno e ruote dei carrelli della spesa, furono le prime scosse di adrenalina visto che con la nostra preziosa refurtiva passavamo di fronte alla caserme dei carabinieri. La scena che io rivedo quando ci penso è di Marco che guidava la Bmx e io che trainato da lui seduto sopra alle tavole di legno guidavo il carretto, a tutta velocità passavamo sette otto volte al giorno davanti alla caserma.

Fu proprio in quell’estate che si materializzò la disgrazia, la macchina era già carica per partire per le ferie, stavamo aspettando che l’ascensore si liberasse, ma si fermò proprio al nostro piano, ne uscirono dei carabinieri che con un mandato di perquisizione ci informarono che mio fratello era stato arrestato.

Non dimenticherò mai la faccia dei miei genitori, mia madre in lacrime e mio padre che senza dire una parola guardava i carabinieri fare la perquisizione, la vergogna che i suoi occhi esprimevano era dolore fisico che io sentivo.

Dopo di allora vi furono altre belle esperienze con Marco, ma le nostre strade si divisero, ed io cominciai a frequentare la piazza, tutti mi rispettavano facendo riferimento a mio fratello in carcere, i miei nuovi amici provenivano tutti da famiglie svantaggiate, tutti ragazzi abituati ad arrangiarsi da soli. Ricordo che qualche volta mi sono ritrovato anch’io con loro quando combinavano dei guai per mettersi alla pari dei ragazzi comuni, da ragazzini i guai che si potevano fare erano minimi, ma con il passare del tempo i guai si facevano sempre più grandi.

Per mia fortuna io non avevo bisogno perché i miei genitori non mi facevano mancare niente, avevo la mia paghetta, così evitai di cacciarmi in guai più grandi di me.

Il tempo passava, la scuola dell’obbligo era finita e per mia decisione decisi di non continuare gli studi, io crescevo e la piazza non mi piaceva più, anche perché mi era stata vietata da mio fratello, che era riuscito dove i miei genitori avevano fallito.

Incominciai a frequentare una compagnia di ragazzi che per passare il tempo si riunivano sotto dei palazzi perbene, il luogo era sempre lo stesso “al quattro”. I miei genitori erano contenti di quel mio cambiamento e quindi era un periodo abbastanza calmo a casa, visto che l’ombra di mio fratello non era presente.
Gianni era il mio nuovo migliore amico, condividevo tutto con lui, il più delle volte dormivo a casa sua invece che da me, anche perché c’era Mary, sua sorella, che faceva parte anche lei della compagnia, anche se aveva molti anni più di me. Fu lei la mia prima delusione d’amore, ne ero talmente innamorato che soffrii molto per lei.

Il tempo lo si passava fumando canne dalla mattina alla sera, la mia prima canna fu qualche mese prima in piazza, ma in quel periodo esagerai molto con il fumo. Al “quattro” le cose incominciavano ad essere monotone tanto che non sapevamo come poter passare il tempo, e visto che i ragazzi più grandi di noi andavano in discoteca decidemmo di andarci anche noi.

Dopo un paio di anni mi sono ritrovato nel giro delle discoteche, tra droghe e alcol, ero molto in vista in quel mondo. Giravo con macchine di lusso anche se non mie, cenavo nei ristoranti più belli, il mio lavoro nelle discoteche mi faceva vivere con molti soldi. Gli “After Awars” , le feste che duravano fino a dodici ore di seguito, erano la mia vita, passavo il fine settimana tra Sirmione, Venezia, Reggio Emilia e tante altre città, visto che si spostavano in continuazione per evitare la chiusura da parte della polizia.

Nella mia vita adesso c’era Ilenia, la così detta storia seria, con Gianni non mi frequentavo più, la nostra amicizia si ruppe proprio a causa di Ilenia, visto che prima di mettersi con me era stata la sua ragazza. Mi mancava il mio amico, i miei genitori ormai erano rassegnati, nessuna loro azione per farmi mettere giudizio era mai arrivata a buon fine, quindi erano passati ai consigli. Mi continuavano a dire che l’esempio di mio fratello mi doveva servire a capire che se avessi continuato in quel senso sarei finito in carcere.

La mia risposta non tardava, sempre la stessa: nulla di quello che facevo mi avrebbe portato in carcere. Sapevo che quel tipo di vita mi stava pian piano isolando da tutti quei sentimenti che io cercavo, ma ormai era la mia vita. Durante la settimana la sera uscivo con Ilenia, ormai convivevamo, andavamo spesso in una gelateria, come al solito canne e birra.

I mesi passavano ed io ero sempre lo stesso, una sera una ragazza amica di Ilenia ci invitò alla sua festa di compleanno. La sera della festa mi ricordo Ilenia che si preparava in camera da letto, ed io già pronto che la guardavo per la sua bellezza. Alla festa arrivai molto tardi per un imprevisto, il momento del mio arrivo lo ricordo con molta lucidità, ma quello che non dimenticherò mai è la via dove ho perso tutti i miei sogni.

Daniela, Marco, Gianni, Ilenia e tutti qui gli amici della mia vita, ora sono solo dei ricordi che mi tormentano quando penso ai miei errori. Alla fine in carcere ci sono finito, dando un dispiacere infinito ai miei genitori che mi avevano sempre avvertito.