Di notte e di giorno |
Armando Xifaij | 21-07-2005 |
Per conoscere un detenuto bisogna conoscere i suoi due mondi: quello diurno e quello notturno. Conoscendone uno solo si corre il pericolo di cadere in errate conclusioni. Di giorno un detenuto non ama, odia, di giorno non vive ma finge, di giorno non piange ma ride (amaramente), di giorno portiamo una maschera da duri e competenti della vita, gente che sa giudicare meglio di un giudice o un saggio, uomini granitici pieni di certezze e senza dubbi, quindi uomini di circostanza. Siamo degli uomini impietosi, uomini senza perdono, impossibilitati a soffrire, non solo per il male procurato ma anche per quello ricevuto. Siamo quelle persone che la società e il sistema desidera tenere per sempre alla larga, rinchiusi in una camera sigillata per non fare mai più ritorno. Il detenuto di notte ama di nascosto, si sente piccolo e timido, desidera la quiete e la normalità e sogna strade tranquille e senza caos nella sua città. Di notte il detenuto custodisce il sogno del proprio figlio, teme che la sua innocenza possa essere violata, magari da uno dei suoi compagni di detenzione. Di notte il detenuto sogna una scampagnata con la sua ragazza, sogna 3, 4 giorni in Costa Azzurra; di notte un detenuto sogna la cena con i suoi genitori, sogna la vita di tutti che lui forse si è goduto solo di passaggio. Questo mondo fa paura quanto la prima volta. Chi cerca di sotterrarlo, di certo, non è ben visto da nessuno, né dal mondo al di qua né dal mondo al di là. Lasciare le cose come stanno è un danno per tutti e le persone con la coscienza non si possono permettere di fare gli indifferenti. Riuscire a far vivere e venir fuori di giorno il detenuto della notte significherebbe la nostra libertà e una vittoria per la società.
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