Questione di partenze e ritorni
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Cinzia Faenza | 03-02-2007 |
Succede che un giorno qualcuno parta.
Per lungo tempo l’avevo sperata questa partenza,
spesso la sognavo,
e qualche volta l’ho desiderata …
Il meccanismo di cui facevo parte,
senza averlo chiesto,
si era rotto,
finalmente.
Un meccanismo difettoso, faticoso, rumoroso.
Dove gli ingranaggi spesso girano a vuoto perché non trovano il giusto incastro con gli altri, e a volte si fermano perchè non sono in grado di sopportare il peso di quelli che non si muovono.
Dove i piccoli ingranaggi credono che se a loro sono stati imposti quei movimenti, perché tutto funzioni correttamente, chi li ha imposti con tanta sicurezza, non debba fermarsi, spostarsi, partire e tornare, partire e tornare…
Il supporto, la fatica, l’impegno smisurato degli altri grandi ingranaggi non bastano più.
Questo meccanismo non è credibile, non funziona, non è giusto!
Meglio non farne parte,
meglio sperare che si rompa per sempre
che all’ennesima partenza non segua un ritorno.
Rabbia che diventa urlo,
urlo che diventa pianto,
pianto che muore in tanti singhiozzi tra senso di impotenza e voglia di spaccare tutto.
Il meccanismo si rompe, infine, e tutto si ferma.
Sono smarrita: penso che sia arrivato il momento di riprendermi l’armonia negata.
Ma non ho pace, arranco a destra e a sinistra: ingranaggi e rotelle, bulloni e rondelle.
Non può essersi fermato davvero.
Non può essersene andato per sempre.
Niente più scontri, ma neanche incontri;
niente più sguardi freddi e distanti, ma neanche occhi;
niente più urla, ma neanche voci.
Io ho bisogno di essere parte di un meccanismo, di quel meccanismo.
Ho ancora tanto da imparare.
Tra quegli ingranaggi stavo imparando a vivere.
Succede che un giorno qualcuno ritorni,
il meccanismo ricomincia a funzionare…
Faticoso, come prima.
Forse non cambierà mai niente,
ma io oggi so qualcosa di più:
posso accettare la sua imperfezione.