Disegni |
Giovanni Mungiello | 24-04-2005 |
A volte mi chiedo, con un pizzico d’ingenuità, forse inconsciamente voluta, se effettivamente esiste un gran disegno elaborato da qualcuno che stabilisce i ruoli delle esistenze dei singoli individui.
Mi guardo indietro e vedo un’esistenza trascorsa alla ricerca di qualcosa, di una forma riconoscibile, di una meta raggiungibile. Forse non è altro che l’insoddisfazione stagnante, che non permette di vivere nella giusta dimensione le piccole cose, quelle che, in fondo, sono le più importanti.
Guardando il mio passato, non trovo ragioni per assolvere i miei atti, a volte cruenti. Qualcosa mi spingeva a riflettere, ma sicuramente non l’ho fatto a sufficienza, visto che mi ritrovo ancora oggi a pormi domande e a scontare errori di valutazione dettati dalla ricerca di mete inesistenti.
Ma se veramente esiste un grande disegno, qual è stato il mio ruolo? Quale apporto ho dato alla costruzione del vivere comune? Qual è l’utilità dei miei atti? E cerco nel mio passato qualche avvenimento che somigli a una risposta utile.
Nel mio vagabondare, torno a quando, in seguito ad uno dei miei numerosi arresti, venni assegnato al carcere di Asti per espiare una pena. Lì conobbi un ragazzo extracomunitario giunto in quel penitenziario per sua stessa richiesta: la sorte!
Strinsi amicizia con questo giovane, che mi raccontò di avere una sorella nel suo paese natale, impaziente di verificare se era poi vero che questa nostra Italia rispondesse ai sogni di libertà, evoluzione e benessere, che sino a quel momento le erano stati preclusi in patria.
Mettemmo in contatto questa ragazza con mio figlio, che ha trent’anni. Dopo un breve periodo di frequentazione, decisero di sposarsi. Oggi hanno formato una famiglia, hanno una bambina, un buon lavoro, una casa semplice e accogliente, acquistata con sacrifici, ove si respira armonia e serenità.
Una nuova vita è apparsa e a sua volta darà nuove vite, in questo gioco d’eventi. Provo soddisfazione nel pensare di avere avuto un ruolo importante nell’attuazione di questo disegno.
Inoltre, mi fa piacere pensare che da azioni biasimabili possa nascere qualcosa di corretto, insomma, quasi come una forma di risarcimento per le trasgressioni da noi stessi effettuate: “In un arido campo, un seme trovò dimora e scelse di vivere, e germogliarono così i suoi frutti”.
Mi piace pensare che tutto abbia un senso nell’affascinante gioco del destino. E forse è allettante pensare che la mia esistenza, in fondo, era programmata anche per questi eventi.
Ma forse tutto avviene per pura casualità! E tutto il resto viene dai nostri sensi di colpa, così difficili da sopportare, e dai quali, inconsciamente o consciamente, cerchiamo di scappare, inventando disegni e perdendoci in analisi inestistenti.