Il campanello

Roberto Cannavò

06-06-2012  

 

Ognuno di noi possiede una sorgente di purezza dal valore inestimabile. Quando, per varie ragioni (tra cui l’ignoranza, l’insicurezza e la mancanza di una guida) non riesci ad attingervi, cadi nell’oscurità. Cadere nella devianza è facile, poiché la mente t’inganna, lasciando terreno fertile alla profondità del male.

Nel mio caso, quando commettevo atti indegni e irreparabili, avvertivo prima, durante e dopo, quel campanellino d’allarme di cui è dotata la coscienza, ma nello stesso tempo, cercavo di attutirne il suono attraverso la pseudo gratificazione che mi trasmetteva il mio gruppo di appartenenza.

Spesso, guardandomi allo specchio, non mi riconoscevo nell’immagine che vedevo, però era anche vero che ero io a commettere quei reati che portavo a termine con la massima determinazione.

L’unico elemento che mi distingueva dagli altri membri del branco era la limitatissima frequentazione con loro, al di fuori dei momenti in cui, in gruppo, commettevamo dei reati. La maggior parte dei miei ex compagni, invece, instaurava rapporti d’amicizia, che spesso sfociavano in unioni con lo scopo di imparentarsi, di condividere momenti di quotidianità tra famiglie, ecc. Ho preferito agire diversamente per evitare che i miei figli crescessero in quell’ambiente.

Dopo un’analisi del mio passato, credo semplicemente che, quando commettevo reati, non concedevo alla mia coscienza l’opportunità di consigliarmi.

Il mio arresto, che poi è stato il male minore, visto che altrimenti sarei stato ucciso, mi ha condotto, dopo un decennio di tentennamenti ad ascoltare finalmente la mia innata coscienza, che altro non è che quella fonte di purezza insita in ognuno di noi. Dal profondo ho fatto emergere pian piano la mia vera identità, quella che oramai è mia e che voi accettate durante i nostri incontri, senza rimanere voi stessi ancorati al mio passato.