Attraversamenti

Enzo Martino   11-12-2007

Ho sempre pensato che il mondo delle persone e delle problematiche fosse diviso in bianco o nero. Sono cresciuto con la convinzione che ci sono delle persone che vivono senza problemi, quelle che appartengono alla categoria dei ricchi, e che io, invece, facevo parte della categoria dei poveri. Per questo ho deciso a un certo punto di voler appartenere alla categoria dei ricchi.

Non avendo le basi per stare in piedi da solo, ho creduto fosse meglio saltare la parte più dura per diventare qualcuno, così ho saltato l’ostacolo, diventando un fuorilegge.

Mio padre era povero, io non desideravo essere come lui, non volevo rischiare di fallire come mi sembrava che fosse successo a lui; dovevo ottenere presto, anzi subito, quello che non gli avevo visto raggiungere.

Correvo verso i miei traguardi, intanto distoglievo lo sguardo dalle persone. Non  guardavo e non consideravo nessuno come essere umano, ma come delle cose; oggi capisco che, a parte i reati in sé, non guardavo l’altro perché non mi volevo bene, non mi riconoscevo come persona. Sono stato un agente del male, che desidera che il male subito, anche gli altri lo sentano passare sulla loro pelle. Dopo l’arresto il rancore era tanto, vedevo chi mi teneva chiuso come il mio nemico, sentivo di stare bene solo con i miei compagni rinchiusi. 

Gli anni trascorsero e per caso incontrai una persona che mi ha fatto capire che con il dialogo con se stessi e con gli altri, si può vedere la vita con un’altra prospettiva. Dopo tanto lavoro con questa persona, e tante altre insieme a lui, ho incominciato a volermi bene e di conseguenza guardare gli altri come persone. Ho tirato fuori il malessere che mi attanagliava la ragione.

Oggi ho avuto il riconoscimento per quello che sono e per quello per cui mi applico da diversi anni, forse il reato lo potevo evitare di commettere solo se da qualche parte ci fosse stato qualcuno che mi avesse aiutato a camminare nella legge, mi avesse detto cosa è giusto e cosa è sbagliato, senza usare violenza, ma con il dialogo. Forse è chiedere troppo, però, io con i miei figli dialogo per quanto mi è possibile in maniera costante. 

Oggi mi piace faticare come tutti gli altri, sentire quelle difficoltà che tutte le persone attraversano, questo è appartenere a quel mondo che molto tempo fa ho rifiutato. Il carcere di certo non aiuta, ma, se la persona è disposta ad aiutarsi, di sicuro c’è sempre qualcuno che una mano te la dà. Bisogna sapere capire con quali persone e quale strada si intende intraprendere.

Da parte mia, credo di avere scelto di essere amico di una persona, il mio amico delle istituzioni, che ha capito prima di me cosa in fondo ho sempre cercato. Anni fa gli avevo detto qualcosa sulla mia voglia di potere e da lì abbiamo fatto abbastanza strada da arrivare qui dove siamo oggi!