Dopo l'incontro: "La guida e la seduzione" |
Tre scout | 10-03-2010 |
Non so realmente che cosa mi aspettassi da questo incontro. Ho sempre sentito la realtà del carcere come qualcosa di troppo distante e lontano perché mi potesse coinvolgere, come qualcosa di chiuso all'esterno e di autosufficiente.
Mi ha colpito molto l’aver incontrato innanzitutto persone con volti e storie che hanno scelto spontaneamente di condividere con noi, perfetti estranei.
Persone in cerca di un riconoscimento di sé da parte degli altri, uomini che, come noi, sono in incessante e continua costruzione, e scoprono progressivamente che parte di sé riposa nell’altro.
E necessitano, pertanto, di guide e riferimenti solidi.
È facile commentare con belle parole una condizione misera come quella del detenuto, ma non si può trascurare la persona offesa a cui viene letteralmente trasformata la vita.
Le condizioni in cui i detenuti scontano la pena possono non essere le migliori, così come la loro reintegrazione nella società; ma bisogna essere ben consapevoli della colpa commessa e della strada che le seduzioni ci hanno fatto intraprendere.
Ai detenuti va il nostro impegno per trovare soluzioni più efficienti nella fase di reintegrazione nella società una volta scontata la pena, ma la nostra attenzione e solidarietà è tutta per la persona offesa.
Ho intrapreso questa esperienza consapevole di conoscere poco del mondo in carcere, della giustizia o del crimine in genere. Forse ingenuamente pensavo di ricevere delle risposte. Ebbene di risposte ne ho avute poche, ma le domande sono molte, troppe, quasi mi sento confuso dal numero di questioni sollevate. E riflettendovi su, mi sorprende la loro complessità e le problematiche che si nascondono dietro a quelle affrontate come in un gioco di scatole cinesi, dove ogni volta che credi di aver raggiunto un traguardo, ne trovi altre e più sottili ad aspettarti.
Quello che mi porto a casa è un’insieme di sensazioni ed emozioni: anzitutto l’interesse per un mondo nascosto, ma vicino, molto più vicino di quanto si immagini; poi, la sorpresa di incontrare un gruppo di persone capaci di discutere di niente e di tutto, diciamo di “filosofeggiare” ad alta quota, proprio nel cuore di un’istituzione che dall’immaginario comune è relegata all’ultimo gradino della società; e infine dopo questa esperienza resta la speranza che la crescita personale e sociale sia davvero possibile.