La paura della pergamena

Ivano Longo

18-09-2003  

In molte occasioni di fronte alle responsabilità ho scelto di fuggire, a volte per pigrizia, altre per non voler affrontare la paura. Io non sono un genitore, ma credo che chiunque abbia dei figli si senta investito da una grande responsabilità.

Passato il primo momento di stupore e gioia per il “lieto evento”, io credo che entrino in azione sentimenti di insicurezza e paura. Forse quando si è genitori tornano alla mente vecchi ricordi di quando uno era bambino, delle esperienze vissute, delle ingiustizie subite, sia da parte dei genitori che da altre persone, ricordi che possono motivare il genitore di oggi a cercare di insegnare ai figli tutto quanto si è appreso della vita e a far sì che soffrano il meno possibile.

Il timore di non essere in grado di far crescere una nuova vita, la paura di sbagliare possono portare i neo-genitori a fuggire da questa responsabilità. A volte non basta a rassicurare nemmeno la sicurezza e il prestigio di un posto di rilievo nella società.

Credo che gli unici momenti che richiedono un vero e proprio insegnamento siano quelli in cui ci si trova di fronte a un’esperienza che i figli non hanno mai avuto. Per il resto, credo che il genitore stimoli l’espressione e la attualizzazione delle conoscenze che il neonato ha già dentro di sé, ma che ancora non vede con chiarezza; penso che il genitore non faccia altro che riportare alla luce il testo di una pergamena gia esistente, collegandolo di volta in volta con l’esperienza del momento.

Ma a volte questo compito non riesce, la situazione sfugge di mano (perché magari il figlio è diverso dai genitori, o perché non si sono trovate le coordinate per comunicare). Può succedere allora che il padre si dimetta dal ruolo del genitore, diventando agli occhi del figlio un tiranno.

Ma come può un genitore dimettersi da questo ruolo?

Penso che questo avvenga quando è indeciso, quando sbaglia, quando picchia o violenta un figlio, quando non bacia più la propria compagna ritornando dal lavoro, quando procede sulla strada che conduce in carcere, quando concede le proprie lacrime a un figlio come esche per ottenerne il consenso; si dimette dal ruolo di genitore quando delega ad altre persone o alle istituzioni le proprie responsabilità, si dimette lentamente quando mente al proprio figlio, quando parla di una cosa e invece ne fa un’altra.

Qualche volta, comincia a rendersi conto di essersi dimesso e di essere fuggito quando agli occhi del figlio questo è già avvenuto da tempo. Penso che questo avvenga per evitare di sentire quello che ci si porta dentro e per delegare i propri fallimenti agli altri.