| Il figliol prodigo |
Marcello Lombardi | 12-11-2003 |
Rileggendo lo scritto di Umberto Picone, mi è tornato in mente un poster che ho visto tempo fa e che non sapevo avesse lasciato traccia nella mia memoria. Si tratta della riproduzione di un famoso quadro di Rembrandt “il figliol prodigo”, chiaramente riferito alla parabola del vangelo (Luca 15, 11). La parabola racconta di come il figlio minore, dopo aver chiesto la parte del patrimonio che gli spetta, si allontani bruscamente dalla casa paterna, decidendo poi di partire per un paese lontano e di rompere tutti i ponti con le proprie origini. Evidentemente egli pensava di soddisfare in quel modo la sua aspirazione d’indipendenza, ma la realtà si rivelerà molto diversa dal previsto. |
Naturalmente, quanto al fatto di aver voluto rendersi indipendente non c’è da muovergli la benché minima obiezione. Ma il personaggio della parabola sceglie un modo sbagliato: quello di troncare il rapporto con le proprie radici, diventando in breve un uomo senza patria né dimora, senza nulla cui appoggiarsi, sballottato qua e là dalle vicende della vita. È del tutto logico che finisca, come narra la parabola, “in mezzo ai porci”. Cercare aiuto presso gli altri non lo porta ad alcun risultato, quindi pensa di ritornare a casa dal padre, il quale lo accoglie con grande festa. Ma perché è tornato dal padre? |
Non credo perché si sentisse un fallito, tanto meno per una conversione religiosa, e non penso nemmeno per una decisione maturata con la ragione, dopo essersi reso conto che non si conquista la vera indipendenza liberandosi dal legame paterno e andando in un paese lontano. La risposta del perché il figlio torna dal padre la trovo, a distanza di tempo, nel quadro del Rembrandt: sono colpito e attratto da quell’uomo, avvolto da un grande mantello rosso, che con tenerezza poggia le mani sulle spalle del ragazzo inginocchiato ai suoi piedi. L'intimità fra due figure mi fa venir voglia di piangere e ridere allo stesso tempo, quel tenero abbraccio tra padre e figlio esprime tutto ciò che ho desiderato e non ho mai avuto. Così l’amore tra padre e figlio vince qualsiasi sfida. E allora perché non tenere un pendolo per anni senza che questo funzioni? |
La voglia del perdono è sia del padre che del figlio, come pure il desiderio di riaprire quel rapporto trascurato. Il figlio sa che il padre gli è vicino in qualche modo, in quanto, a distanza di anni, non ha ancora riparato il pendolo, così come gli ha detto la madre. Quando sogna il pendolo, che è l’oggetto che lo riconduce alla casa paterna, il figlio vive l’ardente desiderio di essere accolto, allo stesso modo in cui il figlio prodigo venne accolto. |
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