Una rapina in banca

Rita Tenan

15-06-2003  

Il giorno prima c’era stato il terremoto in Friuli; il mattino successivo al lavoro non si parlava d’altro. Era il 7 maggio del 1976 e come ogni inizio mese andavo in banca per la ditta a prelevare i soldi per pagare gli stipendi.

Ero allo sportello della Popolare di via Novara quando il cassiere mi disse: “E’ una rapina!”. Non capivo, mi sono girata verso la porta e mi ricordo di avere visto solo la pistola che teneva in mano uno dei rapinatori.

Subito ci intimarono di sdraiarci e di guardare il pavimento. Uno di loro mi camminava vicino, continuava a urlare: “Tenete giù la testa se no succede qualcosa.” Ero per terra con le gambe che mi tremavano, non so quanto sia durata la rapina, ma in quel breve tempo ti scorre veramente davanti tutta la vita, pensi a tutti, preghi di rivederli, speri di non fare nessun movimento che possa infastidire quegli uomini. E’ indescrivibile la paura, il terrore che ti prende in quel momento.

Ad un certo punto il silenzio totale, una voce ha detto “Se ne sono andati”; e così con molta cautela ci siamo rialzati tutti per sederci su delle sedie: non ci reggevamo in piedi.

E’ strano, non so neppure quanti fossero i rapinatori e nonostante la grande paura che mi è rimasta, non ho mai pensato a loro, neppure per maledirli; dopo tutto, con il loro gesto, avevano modificato in qualche modo la mia vita.

I due giorni successivi li ho trascorsi praticamente a letto, lo stress era stato troppo forte.

Per un anno non sono più riuscita ad entrare in una banca, mentre negli altri negozi continuavo a guardare con sospetto chi entrava dopo me.