Antonella Cuppari | 03-03-2004 |
Ciao,
sono Antonella, del Gruppo della Trasgressione.
In allegato ti invio degli scritti sull'incontro di sabato; per tutti, e in particolar modo per me, è stato un'esperienza molto importante.
E' due anni che faccio parte del Gruppo della Trasgressione e solo sabato sono riuscita a mettere sul "banco" quella parte della mia vita che tenevo chiusa, nascosta, lontana dalla luce del sole.
Quando l'incontro è cominciato avevo paura; avevo davanti a me due persone, con una sofferenza che in parte conoscevo e che in parte stavo rivivendo. Avrei voluto che ci fosse lì anche mia madre.
Negli occhi di tua mamma ho visto la sensibilità di percepire in me quello che avevo dentro ma non volevo liberare, nei tuoi occhi ho visto la parte di me ferita dalla vita, ho visto la forza di trovare un nuovo modo di stare bene, nelle cicatrici che inevitabilmente ci hanno segnato.
Ho voluto chiedervi perchè eravate lì quel giorno, desideravo sapere come vi sentivate, perchè sono domande che ho fatto tante volte anche a me stessa e a cui non sono sempre riuscita a dare risposte certe.
Io non piango facilmente, parlo poco di me, spesso mi viene difficile lasciarmi andare ad emozioni di gioia, dolore, rabbia... quelle emozioni che danno colore alla vita.
Sabato, però, è stato diverso: vittime, colpevoli, rapinatori, rapinati, io, voi, i detenuti, i miei compagni, i vostri cari accompagnatori, l'Antonella che nasconde, l'Antonella nascosta... eravamo tutti lì, circondati dalle mura di un carcere.
Sentivo il dubbio di undici anni passati a vergognarmi del mio passato, sentivo l'incertezza di undici anni trascorsi a dimenticare quella che ero prima che mio padre fosse ucciso, sentivo la titubanza dell'angoscia che mi aveva portato a negare la parte di me bambina sia a me stessa che al mondo.
"Ognuno può potenzialmente essere strumento prezioso per costruire se stesso e per contribuire al divenire degli altri."
Avervi avuto lì sabato è stato prezioso per me, ha permesso a Fabio di parlare del suo macigno, e a Marcello di provare a mettersi nella testa di chi feriva senza rendersene conto.
Come stai tu? Come sta tua mamma? Sono domande che ti ho già fatto quel giorno ma credo che sia importante chiedertelo ora.
Ho sempre sofferto nell'essere considerata vittima. La gente che avevo intorno mi puntava il dito, mi faceva sentire impotente, schiacciata, diversa.
Ma quando riesco a fare di quello che sono e sono stata, di quello che ho vissuto e che vivo del materiale prezioso per comunicare con me stessa e col mondo e per crescere, mi sento meno insetto e più gemma.
Sono grata a te e a tua madre per avermi restituito una parte di me stessa che negavo.
Compatibilmente coi vostri desideri e i vostri tempi, spero di rivedervi nuovamente.
Un saluto anche a tuo fratello.
Con stima e gratitudine.
Antonella Cuppari
Gruppo della Trasgressione