Maria Rosa e Barbara Bartocci: due donne ferite

Diego Ludovico

29-02-2004  

Nell’incontro storico che sabato 28 febbraio abbiamo avuto a San Vittore con la vedova Bartocci (la moglie di un gioielliere ucciso nel corso di una rapina), la figlia e due loro amici, ho colto la determinazione a voler comprendere perché questi fatti delittuosi accadono.

Noi del gruppo della trasgressione eravamo numerosi a far domande, a voler capire i sentimenti di chi è stata vittima di un delitto, a voler comunicare loro i sentimenti che sconvolgono l’equilibrio del carnefice, a raccontare le diverse tragedie di quanti sono impegnati a confrontarsi in questo gruppo. Da noi, scritti e impressioni dei detenuti si mescolano con quelli degli studenti e si confrontano a viso aperto con quelli dei cittadini e, a volte, con quelli di chi è rimasto tragicamente segnato dal delitto.

Io ho vissuto l’incontro traumaticamente. Ho guardato il viso della signora Bartocci e della figlia per tutta la durata dell’incontro. Cercavo nelle loro espressioni una qualche disposizione a farci capire di più di quanto si possa immaginare dall’esterno, cercavo di indovinare in loro un’emozione diversa da quella che i loro volti e i loro occhi esprimevano, ma ho ravvisato solo tristezza e dolore umano, ferite grandissime che non si potranno che rimarginare parzialmente con il tempo, con la rassegnazione di una convivenza forzata con l’accaduto, proprio come capita a chi è finito in questo mondo di disperati, che non si discosta di molto da quello esterno se non per la sua dimensione.

Mi hanno colpito alcune frasi: “La rabbia si lega al dolore”, “Chi commette un reato è vittima di se stesso”. Frasi su cui spero di poter riflettere in seguito, per ora sono solo il frutto di un incontro che mi ha suscitato un gran senso di rigetto di qualsiasi forma di delitto verso il prossimo.

La notte non sono riuscito a riposare. L’incontro mi ha lasciato nell’amarezza di aver capito poco delle emozioni delle Bartocci e di non essere stato in grado di trasmettere loro i miei sentimenti, pur essendo io detenuto per grave delitto.

A loro, al figlio e a quanti sono vittime di qualsiasi forma delittuosa, per quanto possa valere, va il mio pensiero e la mia solidarietà.