Stefano Zuffi presenta la Cappella Sistina |
Livia Nascimben | 21-01-2008 |
A 500 anni dall’incarico che il pontefice Giulio II diede a Michelangelo di modificare gli affreschi della volta della Cappella Sistina di Roma, lo storico dell’arte Stefano Zuffi conduce il Gruppo della Trasgressione attraverso la vita e i conflitti dell’artista fiorentino di fronte alla sua opera.
La lezione di Zuffi si preannuncia così preziosa che per l’occasione giungono molti membri esterni del gruppo e, ospite d’onore, la dott.ssa Maria Rosaria Sodano.
Il contesto
La Cappella Sistina a Roma viene eretta nel 1470 per volere di papa Sisto IV, da cui il nome “Sistina”. Sisto IV investe sul Vaticano potenziando la Basilica di San Pietro e costruendo i Palazzi Apostolici. La Cappella Sistina è appositamente costruita per le cerimonie ufficiali rivolte alla curia, diventa un luogo fisso per le elezioni del papa. E’ una costruzione semplice dal punto di vista strutturale e internamente molto ricca. Sisto IV chiama un gruppo di pittori fiorentini per affrescare le pareti laterali della Cappella; mentre per la volta fa semplicemente dipingere un cielo azzurro stellato.
Il successore di Sisto IV è papa Borgia VI, non interessato alla Cappella Sistina. Sarà invece Giulio II, nipote di Sisto IV, a decidere di modificare gli affreschi della volta. Giulio II è un papa molto ambizioso, con sogni di gloria personali e per il papato. Egli fa ricostruire le stanze del Vaticano perché non vuole mettere piede nelle stanze del suo predecessore (opera affidata a Raffaello); chiama Bramante per ricostruire la Basilica di San Pietro e chiede a Michelangelo di ridipingere la volta della Cappella Sistina. L’incarico affidatogli è la realizzazione dei dodici apostoli.
Michelangelo (1475-1564)
Michelangelo è fiorentino ma è molto conosciuto a Roma, sia per la sua capacità di riprodurre opere antiche (per Michelangelo era un’attività redditizia scolpire falsi antichi), sia perché all’età di 24 anni scolpisce “La pietà”, l’unica scultura firmata, il suo biglietto da visita lasciato alla città di Roma.
Dai 26 ai 29 anni si dedica alla realizzazione del “David” a Firenze, scultura che lo renderà famoso. Il David è un’opera che corrisponde ad un compito politico: simboleggiare le caratteristiche della giovane Repubblica fiorentina dell’epoca rinascimentale. Il David non è un guerriero ma un uomo dai tratti quasi fragili, eppure tenace, capace di combattere e vincere.
Tra il 1504 e il 1508 Michelangelo, giovane, è impegnato in una sfida diretta con Leonardo, già vecchio. La sfida consiste nel dipingere due pareti in una sala del Palazzo Vecchio a Firenze (Leonardo infatti era soprattutto un pittore). Non c’è però nessun vincitore, i dipinti sono andati persi.
Il “Tondo Doni” (1505-1506) è l’unico quadro sicuramente di Michelangelo. Rappresenta la sacra famiglia in una strana posa attorcigliata.
Michelangelo, quando gli è affidata la volta della Cappella Sistina, ha 33 anni, ha completato la sua formazione ed è un artista con una propria clientela e critici al seguito. E’ un artista vivace e poliedrico, è infatti scultore, pittore, architetto e poeta. Ma l’espressione artistica in cui più si riconosce è la scultura: “nel marmo vedo già la figura, basta togliere ciò che è di troppo”.
Papa Giulio II commissiona a Michelangelo, in veste di scultore, la progettazione e la realizzazione del suo sepolcro, un insieme di figure scultoree grandiose, ma in un secondo momento toglie fondi per quest’opera e ordina a Michelangelo di dedicarsi prima agli affreschi della Cappella Sistina. Da qui iniziano i contrasti fra Michelangelo e il Papa. Michelangelo scappa da Roma ma viene catturato, portato in Vaticano e costretto a dedicarsi alla Cappella Sistina per evitare rovinosi scontri con il Papa e continuare così a fare l’artista.
Sulla volta dovevano essere rappresentati i dodici apostoli in dimensioni colossali ma per Michelangelo era una consegna banale, una sequenza monotona, e Giulio II deve cedere alle richieste dell’artista di avere maggiore libertà di espressione e si affida a lui.
Del monumento sepolcrale per papa Giulio II, Michelangelo scolpirà poche figure, una di queste è l’imponente Mosè.
La Volta della Cappella Sistina
Per dipingere la volta della Cappella Sistina Michelangelo si serve della tecnica del cartone: su un foglio a grandezza naturale disegna le figure da riprodurre, i disegni vengono posti sulla volta, i contorni sono forellati con una punta metallica e successivamente spugnati, in questo modo viene trasferito il disegno.
Affrescare significa dipingere a fresco, stendere il colore sulla calce umida, così facendo quando la calce si secca imprigiona il colore rendendolo cristallino e resistente.
Solitamente affrescare una parete è un lavoro d’equipe: c’è chi prende le misure, chi mette l’intonaco in modo liscio senza fare vedere le giunture fra le diverse aree, chi trasferisce il disegno sul cartone, chi esegue la pittura. Solitamente il maestro è accompagnato dagli allievi, lui progetta il lavoro e gli allievi stendono il colore (la stesura del colore non è ritenuta così importante come l’idea del disegno).
Michelangelo è uno dei pochi artisti che non gradisce lavorare in gruppo. Ragiona con la testa di uno scultore: è abituato a lavorare con le proprie mani e non vuole affidare la pittura ad altri; così decide di mandare a casa gli allievi perché non ritenuti all’altezza del compito.
Michelangelo cerca di nobilitare la semplicità della struttura immaginando un’architettura illusoria: un cornicione che sostiene dei costoloni che passano attraverso la volta. In questo modo vengono creati nove spazi che Michelangelo dipinge con nove episodi tratti dal libro della Genesi, tra cui: la creazione dell’uomo, la creazione di Eva, il peccato originale e la cacciata dal paradiso terrestre, la creazione degli astri, la separazione della luce dalle tenebre, il diluvio universale. A completamento dell’opera tra i costoloni inserisce gli Ignudi e, tra le vele della volta, la sequenza degli antenati di Cristo, sibille e profeti seduti in trono.
Rinunciando ad avere dei collaboratori, Michelangelo si sobbarca l’intera esecuzione manuale dell’opera. Vive sull’impalcatura per quattro anni lavorando in condizioni disagevoli e procurandosi malattie che lo accompagneranno per tutta la vita. Nel corso dei quattro anni continua a lamentarsi definendo il proprio lavoro una “pittura morta in un luogo non buono”.
Circa vent’anni più tardi Clemente VII incaricò Michelangelo di modificare ulteriormente la decorazione della Cappella Sistina dipingendo sulla parete frontale il Giudizio Universale.
Recentemente gli affreschi della Cappella Sistina hanno subito un restauro suscitando numerose polemiche. Un tempo la Cappella Sistina era illuminata da candele, il fumo nero è chimicamente uguale al carboncino che forse Michelangelo ha utilizzato per fare delle ombreggiature. Dopo il restauro la Cappella appare “diversa, sparata, colorata”.
Alcune delle riflessioni emerse durante l’incontro.
Michelangelo ha vissuto come imposizione l’incarico di affrescare la volta della Cappella Sistina, ma data la grandiosità dell’opera ci chiediamo se a volte non valga la pena eseguire compiti controvoglia. La costrizione a cui è stato sottoposto Michelangelo è da considerarsi un’imposizione violenta o un’occasione per esprimersi? Michelangelo è stato costretto da Giulio II a dedicarsi alla Cappella Sistina ma il modo in cui si è dedicato al lavoro è stato per lui motivo di crescita lo ha reso immortale.
Ne “La creazione di Adamo” l’uomo è chiamato alla vita. Dio si protende verso Adamo, la sua tensione è percepibile, mentre Adamo appare mollemente seduto. Dio, che pure è circondato da altri personaggi, sembra avere bisogno di estendersi fino ad Adamo, sembra essere il padre ad avere bisogno del figlio. Cosa l’adulto deve attendersi da chi deve emergere? Cosa si deve attendere da chi è assente a se stesso? Se da un lato, la vita è un regalo di Dio all’uomo, dall’altro sembra che Dio stesso abbia bisogno della vita dell’uomo e di ciò che l’uomo farà della propria umanità.
Questo particolare e le riflessioni che ne seguono è messo in relazione dialettica con un dipinto di Caravaggio, “La vocazione di San Matteo”. In questo dipinto viene ripreso il gesto della mano protesa di un individuo che ne chiama un altro, di un maestro che chiama l’allievo. Dio sveglia l’uomo che dorme, Gesù chiama Matteo a svolgere una funzione. Anche San Pietro rafforza la chiamata come a dire: Egli ti chiama, tu cosa rispondi?