Mario di Domenico | 12-12-2008 |
Le ho avute sempre con me per circa quaranta anni, scleravo quando mi accorgevo di non averne, o anche solo se ne avevo poche. Cominciavo ad agitarmi e cercavo il tabaccaio più vicino per fare rifornimento, questo quando non avevo problemi di soldi, altrimenti, avevo sviluppato molto professionalmente l’arte dello scrocco.
Le ho scoperte alla tenera età di sette anni, ero ancora al mio piccolo paese dove tutti si conoscevano e ogni cosa strana (e vedere due bambini fumare lo è) che facevamo veniva riportata come una notizia da telegiornale da chi, fingendo di fare del bene, provava piacere quando le cose brutte succedevano agli altri.
È per questo che due ragazzini svelti come eravamo io e Giovanni, il figlio del fotografo, dovevamo uscire dal paese di nascosto e andare a “fumare” dove non c’erano occhi indiscreti, dopo aver rubato i soldi nel salvadanaio di suo papà. Era difficile procurarsi le sigarette per un ragazzino di quell’età, ma è proprio in quel caso che abbiamo sviluppato l’ingegno.
Eravamo al bar, a curiosare su come i grandi passavano i loro pomeriggi, quando abbiamo visto che Salvatore, un anziano obeso, chiedeva a dei ragazzi più grandi di noi di andare a comperargli le “President”, le sigarette che lui fumava. E lì cascò l’asino! Immediatamente pensammo di sostituirci ai ragazzi da lui incaricati e, il giorno dopo, con la scusa di comperare le sigarette per Salvatore, ingannammo Teresa, la vecchia tabaccaia.
Sono un po’ di anni che non vedo più quelle sigarette. Erano più lunghe delle altre, col pacchetto rosso e bianco; faceva molta scena tenerle in mano, e ad ogni tiro mi facevano girare la testa, ma… mi sembrava di essere diventato grande. Era eccitante fumare perché quel gesto pareggiava tutti i rimproveri e le imposizioni che da bambino subivo. La sigaretta era la patente per poter decidere di fare o non fare una cosa. Se fumavo voleva dire che ero grande e quindi in grado di prendere decisioni, ovviamente quelle trasgressive, mentre per le altre non c’era bisogno di essere adulti, bastava rispettare il mio ruolo di bambino.
Era arrivato il momento della diaspora e come tutti quelli che partivano verso il nord, anche noi avevamo la valigia di cartone “legata con lo spago”, con dentro le cose essenziali. Ma io, il posto per nascondere le sigarette, ero riuscito a trovarlo.
Eh sì! Perché le sigarette mi avrebbero aperto la strada alla scoperta delle nuove amicizie con quelli simili a me. In brevissimo tempo ho fatto amicizia con i miei compagni di scuola e con i ragazzi del mio quartiere, naturalmente con quelli che come me fumavano e condividevano, quasi totalmente, il resto dei pensieri e degli atteggiamenti.
In poco tempo dalle President sono passato alle Marlboro, che erano molto più pesanti, quindi, adatte a chi doveva essere un duro. A volte, per essere ancora più duro, rubavo un toscano a mio nonno, però facevo il furbo e non lo respiravo, altrimenti, avrei tossito per tutto il tempo e avrei perso tutto il potere del personaggio che mi ero creato.
La precocità che ho avuto nel fumare, mi servì quando cominciai a frequentare le ragazzine. Avevo acquisito un modo di fumare quasi da professionista, avevo i tempi per aspirare e quelli per espirare… come facevano gli attori dei film western, ed ero diventato bravo a far girare le sigarette tra le dita quasi come un prestigiatore.
Solo dopo un po’ di anni capii che non erano quelli i mezzi per conquistare una ragazza, se poi, oltretutto, non avevo altro da dirle. Ma quando sapevo cosa dire a una ragazza per conquistarla, il vizio del fumo era parte di me e non mi sono mai preoccupato di smettere, nemmeno quando mi dicevano che il fumo portava malattie e morte.
Credevo di essere immortale e indistruttibile, e mi dicevo: “la sigaretta? Quando voglio smetto! Comando io (bugia!)”. Le ho usate per quaranta anni. Oggi è diverso, è quasi un anno che ho smesso di fumare senza nessun particolare motivo, se non che un giorno mi sono sentito ridicolo a fare il gesto di portare la sigaretta alla bocca per fare l’ennesimo tiro.
Sarà forse perché non dovevo più sembrare grande? Sarà forse perché respiro meglio? Perché non tossisco più? Perché non puzzo di fumo? Perché, comunque, risparmio i soldi con i quali posso fare tantissime altre cose? O, forse, perché nell’ultimo periodo ho avuto il tempo di riflettere e ho riacceso il cervello? Oggi mi sento veramente bene, non solo fisicamente, ma anche quando qualcuno mi chiede una sigaretta, con orgoglio, gli rispondo non fumo e gli dico: “perché non smetti anche tu?”
Una cosa è certa: non tutti i fumatori sono diventati delinquenti, ma quasi tutti i delinquenti fumano.