Lettera a uno studente |
Marcello Iannacci |
28-06-2012 |
Descrivere la linea sottile che divide il bullismo dalla malattia delle gioie corte non è cosa semplice. Qualsiasi ragazzo che si senta dire “Questo non è giusto, guarda che sbagli!”, reagisce come una molla: “Ecco un altro che mi fa la paternale!”
E’ successo anche a me quando avevo la tua età. Quante volte mi sono sentito fare questi discorsi! E quindi? Niente discorsi, ti racconto di me. Però ti chiedo di non prestare attenzione solo alle avventure del mio racconto, ma anche al loro seguito.
Primo giorno di scuola nell’Istituto Tecnico dove mi sono iscritto. Tony e io siamo un paio d’anni più grandi degli studenti del nostro corso, in quanto ripetenti alle medie, io un paio di volte, Tony una. Arriviamo in moto e già l’attenzione è tutta nostra. Scendiamo spavaldi, ci accendiamo una canna, mi sento tutti gli occhi dei ragazzi addosso. Un gruppetto di ragazze ci sbircia e ride. Forse sanno cosa è una canna…
Incominciano le presentazioni, ma è ora di entrare, rimandiamo la conversazione all’intervallo…
Nel pomeriggio non ci nota nessuno, il viavai di camion, furgoni e macchine nasconde la nostra presenza. Faccio segno a Ciccio, che è alla guida: “Eccolo, è arrivato, andiamo”.
Ci avviciniamo al venditore di banane. Scendo dalla moto, ho su il casco integrale, lui non può riconoscermi. Con movimento rapido lo affianco, ho già la pistola in pugno,
Scarrello la pistola, il colpo è in canna. Il rumore metallico del movimento attira l’attenzione di un passante.
Usciamo, è appena suonata la campanella dell’intervallo. Io e Tony andiamo alla macchinetta del caffè. Emma e le sue amiche sono già lì in quanto la loro aula è vicina alla macchinetta. Fra me e lei ci sono sguardi d’intesa. È molto bella, capelli biondi, il corpo già formato. Wow, devo fare colpo su di lei. Tiro fuori una mazzetta di soldi dalla tasca. Il colpo del giorno prima all’uomo delle banane aveva fruttato bene.
Emma mi guarda:
La mia risata coinvolge tutti. Al termine mi rivolgo a lei:
Sono ingenue e credono a ciò che gli dico.
Suona la campanella, io e Tony ci avviamo alla moto, Emma si avvicina e mi dice:
Lei pensava fosse una battuta, ma era la verità.
Tornati in paese incontro Ciccio:
La paura e il senso di colpa mi fecero balbettare “ma non gli ho fatto nulla!” dico a Ciccio.
Oggi Ciccio è felicemente sposato, ha un lavoro, due figli bellissimi e non è mai entrato in carcere … non ha più fatto nulla!
Io? Sono sposato, ho una moglie bellissima, Dio come la amo, mi ha dato un figlio bellissimo, Gioele, che gioia! Amo entrambi follemente. Sono la mia vita. Si, ma… c’è un particolare, io ho fatto 18 anni di carcere, sono di nuovo in carcere e ho da fare una nuova carcerazione. Dovrò stare lontano da ciò che amo.
Fanculo bullo!
Divertirsi, sì! Rovinare la propria vita e quella degli altri NO!
Riflessione che faccio: meglio bullo o secchione?
La mia opinione è che il coglione, il bullo, si accontenta di una gioia corta;
il secchione, emozioni infinite!
Realizzarsi è meglio che sballarsi!