Una barca di carta |
Massimo Moscatiello |
02-07-2015 |
Il gruppo della trasgressione. È solo quattro mesi che ne faccio parte. Ho iniziato a frequentarlo perché Cisky, quando parlavamo, faceva riferimento al gruppo come pilastro e fondamento del suo cambiamento. Mi attirava anche perché le sue parole mi facevano stare meglio.
Dal primo incontro ne sono rimasto molto colpito; gli argomenti che si affrontano fanno parte di me, e ogni sillaba detta dal dottor Aparo è spunto di riflessione. Ad esempio, l'ultimo argomento che abbiamo trattato è stato l'autorità. La prima cosa che mi è venuta in mente è stata la legge. Riflettendo ora su cosa mi abbia spinto a combatterla e sul perché provo un sentimento di rabbia, mi vengono in mente i primi anni di sfida contro quello che non accettavo. Il mio andare contro le regole è iniziato quando ero nella famiglia affidataria. Da lì cominciarono i primi atteggiamenti ribelli e, pensandoci ora, sentivo che il mondo e la vita erano in debito con me, perché ero lontano dalla mia vera famiglia.
Tramite i servizi sociali la legge ha obbligato mia madre a dividere la famiglia, e questo ha scatenato in me un senso di ribellione e guerra verso l'autorità. Con la rabbia accumulata in sei anni di affidamento, tra domande senza risposta e false risposte, a quattordici anni ho preso la mia prima grande decisione, tornarmene da mia madre.
Sono entrato nel vortice di droghe, soldi facili e senso di potere, trascorrendo anni di distruzione totale, credendo e cercando di riprendermi quello che mi era stato tolto. Ma gli anni erano passati e stupidamente, colmo di rancore, incolpavo tutti, compresa mia madre, non riuscendo a vivere quel senso di affetto e di famiglia che avevo sempre cercato, vivendo anzi alcuni atteggiamenti di distacco, anche tra noi fratelli.
Questa mancanza di unione ha fatto sì che facessi ogni mia scelta senza il parere di nessuno, sentendomi l'unico padrone di me stesso, trascinando così gli altri a vivere gli effetti disastrosi delle mie azioni. Ero condizionato soprattutto dalla voglia di avere sempre più potere, illudendomi di porre rimedio a tutti i problemi che avevamo in famiglia.
Nonostante abbia ventotto anni, percepisco di avere gattonato tutta la vita sentendomi un grande, guidando una barca di carta in un mare in tempesta, tirandoci dentro le persone che ho sempre amato. Ora, fuori dal vortice, sento di aver vissuto la mia vita come una trottola impazzita che fuggiva contro vento e, volteggiando velocemente, sbatteva contro angoli sempre più pericolosi e percorreva traiettorie infide e cieche. Quel pericolo mi eccitava e il rischio mi appagava, ma solo adesso che mi hanno bloccato capisco fin dove mi ero spinto.