L'incontro |
Enzo Martino | 18-06-2006 |
Arrivo col furgone, al mio arrivo non ci siete, mi preoccupo un poco. Dieci minuti e vi vedo, nei nostri occhi tanta felicità. Gli abbracci e i baci sono solo una cosa sola nella quiete del parco verde. Incontro qualche ragazzo che conosco, era dentro insieme a me, oggi lo vedo bagnare le piante, anche lui sembra essere contento nel vedermi, ci salutiamo con un sorriso e con il gesto della mano, è una bella giornata.
Con i baci arrivano le domande dei miei ragazzi, che mi chiedono se sono contento di stare con loro, gli rispondo che era tempo che non provavo una tale felicità.
Gli agenti di scorta stanno a guardare, quasi si sentono degli intrusi, ma sappiamo tutti che svolgono il loro lavoro. Chiedo a che ora è il rientro in carcere, la risposta arriva inesorabile: alle due meno un quarto, abbasso la testa e provo a sorridere.
Nella testa mi frullano tanti discorsi, non voglio pensare più al rientro, desidero trascorrere la giornata in maniera rilassata, quasi in preghiera.
Il loro profumo intorno mi inonda di felicità, credo che la mia famiglia abbia un profumo particolare, che solo io riesco a decifrare, mi stringono in una dolce stretta, sento che hanno bisogno di me come d’altronde io di loro. Queste emozioni sembrano stordirmi, non ero più abituato, o forse non ho mai avuto questo tipo di emozioni nella vita, o forse questi ultimi dieci anni mi hanno tolto il desiderio di provare emozioni. Forti emozioni.
Abbracciati camminiamo sull’erba, ci raccontiamo le piccole cose, come per non disperdere il tempo che abbiamo senza dire nulla, il tempo come sappiamo è sempre poco e non si riesce mai a raccontarsi completamente.
Oggi sono innamorato della vita. Dopo per farmi più felice tiri fuori la pagella che i tuoi amici ti hanno dettato per telefono il giorno prima, è un risultato che io immaginavo, ma adesso lo ripete la tua viva voce, la voce di un figlio che vuole essere partecipe nella vita del padre, questo lo capisco dalla tua bramosia nel dettare i voti delle varie materie. Ancora adesso li ricordo una per una, la mamma si domanda come faccio a ricordarmeli tutti.
Il mio piccoletto si fa sentire con i suoi capricci, si sente bistrattato, lo stringo forte e lo riempio di baci, adesso è più rilassato. All’ora di pranzo ci accomodiamo tutti e quattro, erano quasi undici anni che non mangiavamo più insieme, a te quasi ti scendono le lacrime, vedo i tuoi occhi luccicare, faccio finta di nulla, anche la mamma se ne è accorta, pranziamo parlando e ridendo, gli agenti intanto ci osservano, mi fanno intendere che anche loro sono rilassati.
Dopo mangiato andiamo a giocare a calciobalilla, io e il piccolo vinciamo, ma oggi abbiamo vinto tutti, compreso le persone che mi hanno accompagnato in questo luogo.
Dopo andiamo al campo da calcio e tu ti metti a suonare la fisarmonica che hai portato appresso per farmi sentire quello che sai fare. Anche gli agenti si avvicinano per ascoltare, anche loro hanno figli, anche loro sono genitori e comprendono il bisogno dei figli. Con loro scambiamo le osservazioni sulla tua performance, devi migliorare ma sei sulla buona strada.
Mi accomodo sotto il gazebo con la mamma, parliamo un poco di tutto. Finiamo per parlare di voi che state giocando al pallone. Mentre vi osservo giocare, continuo a pensare quanto tempo è passato, quante mancate emozioni, le lacrime mi rigano il viso, la mamma mi sussurra- ti senti ancora in colpa? Guarda che loro ti adorano. Gli rispondo che il senso di colpa non mi abbandona mai. Le lacrime continuano a scendere, lei mi abbraccia, sussurrandomi - ti amo, ti amo.
Arrivate anche voi due sotto il gazebo, il caposcorta si avvicina, credo sia arrivato il momento di andare. Ma non è così, dice che possiamo stare ancora mezzora. Sorridiamo contenti, il caposcorta si accorge di tutte le nostre emozioni, anche lui è genitore.