Se un tranquillo adolescente diventa un baby killer | Martedì 19 Marzo 2002 |
Robbie Jones è un ragazzino qualunque, così timido che il padre lo considera "una femminuccia" ("Alla sua età io mi davo già un bel po' da fare con le ragazze...") e i suoi compagni di scuola lo ignorano. Almeno fino al giorno del suo tredicesimo compleanno, quando Robbie si presenta al drugstore del vecchio signor Koh, apre il suo zainetto, estrae una pistola e lo uccide. Un delitto senza movente, inspiegabile. Compiuto da un "bravo ragazzo" a Santa Rosita, un tranquillo sobborgo di Los Angeles, "belle case, molto verde e una strada principale che sembra uscita dagli anni Cinquanta".
Megaboy, dell'americana Virginia Walter, è uno di quei romanzi per adolescenti che non si tirano indietro di fronte a temi scomodi, che appartengono alla realtà, e che chiedono di essere affrontati se si vuole davvero cambiare. L'autrice sceglie di far parlare "gli altri", il padre, la madre, i compagni di scuola, il preside, il testimone del delitto, il poliziotto che ha arrestato il ragazzo, il migliore amico del giovanissimo assassino, la grancassa dei media. Testimonianze sconcertate e sconcertanti, come quella di Tara Jameson, di cui Robbie è segretamente innamorato ("Siamo venute uno schianto in tv") o quella della madre ("Non credevo che sapesse della pistola di mio marito... La teneva nel cassettone, sotto i calzini"). Robbie non parla. In cella, continua a disegnare e inventare storie per Megaboy, il supereroe che viene da un altro mondo ed è sempre pronto a difendere i più deboli. Lontano dal suo pianeta, dai genitori, da tutto. Solo, proprio come lui.