LO PSICHIATRA
Marted́ 25 Marzo 2002

Parla George Palermo

«Così vedo la Franzoni»

di MARIELLA REGOLI

ROMA - ROMA - Né Maria, né Medea. Per il professor George Palermo, direttore della sezione di psichiatria forense e docente di criminologia presso il Medical College del Wisconsin, Anna Maria Lorenzi, più che a una madre privata del proprio figlio, somiglia ogni giorno di più alla "Bimba" di quel nomignolo con cui, da sempre, la chiamano in famiglia.
«L’ho vista nell’intervista televisiva e l’ho ascoltata - racconta il professor Palermo - La vocina, il modo di esprimersi, sembrava regredire allo stato infantile ogni istante di più. Più che addolorata appariva atterrita, impaurita da quello che le era accaduto e che stava continuando a succederle. Quel ripetere "Non sono stata io", come una cantilena, una filastrocca per esorcizzare il male. Il male che stanno facendo a lei e non quello che qualcuno ha fatto al piccolo Samuele».
Nella carriera professionale del professor Palermo ci sono centinaia di perizie svolte su altrettanti assassini. Serial killer come Jeffrey Dahmer, lo squartatore cannibale di Milwaukee, o pedofili nostrani come Luigi Chiatti.

E quante madri?

«Tante. Parlerei di genitori, più che di madri. Donne che uccidono i figli neonati perché non sanno come cavarsi dai "pasticci" e li strangolano, li soffocano, li buttano nella spazzatura. Ce n’è stata una che ha colpito con venti coltellate il bimbo che aveva appena partorito. C’è una casistica fredda e apparentemente crudele che sottolinea come le donne si accaniscano soprattutto sui figli molto piccoli. I padri li ammazzano quando sono più grandi e scattano i meccanismi di incompatibilità. Del resto, cominciando dalla mitologia e ripercorrendo la storia, il mondo trasuda sangue parentale. Le ragioni, quando le si conoscono, appaiono per lo più banali. In realtà la causa vera sono i conflitti che le madri possono avere con se stesse, i figli, il marito. Tempo fa, in Texas, una donna ha annegato i suoi cinque bambini nelle vasca da bagno di casa. Un’altra, dopo aver somministrato al figlio di dieci anni le gocce per l’asma, gli ha fracassato la testa con una mazza da baseball. Subito dopo è salita al piano di sopra per ammazzare anche l’altro figlio. Poi ha raccontato che temeva crescessero in modo socialmente inadeguato perché lei e il marito avevano problemi economici».


Esistono madri che dimenticano di aver assassinato i propri bambini?
«Sì. Di recente mi sono occupato di una ragazza che ha ucciso il proprio bambino dopo averlo dato alla luce. Nega - e non finge - non solo di aver ucciso, ma anche di essere mai stata incinta».

Quindi puo’ essere capitato anche alla signora Lorenzi?
«Sì. Nutro un grande rispetto umano per la signora. Non la conosco, ma sono sicuro che anche se fosse stata lei a uccidere Samuele, non mente quando afferma di non essere stata lei. L’amnesia dissociativa esiste ed è difficile "interpretarla", fingerla. La signora, quel giorno, era sotto pressione. Si era svegliata dicendo di stare male. Forse è vero che non aveva nulla di organico, ma stava male davvero e deve aver fatto un grande sforzo per accettare che questo venisse minimizzato. Alzarsi, preparare la colazione, occuparsi dei bambini. Sono sicuro che questa donna, costretta a comportarsi da grande anche quando non lo era, abbia continuato a pretendere troppo da sé. Le torte, le feste per i bambini, una madre esemplare e perfetta. Troppo. Credo che questa persona fosse border line da tempo. Credo anche che dovesse fare i conti quotidianamente con la paura di essere inadeguata. Il rifiuto di un ansiolitico la mattina che si sentì male, e anche ora in carcere, la dice lunga sul fatto che la signora ha sempre temuto di dover ammettere anche con se stessa di avere qualcosa che non andava. Qualcosa dentro, qualcosa che lei, forse, ha temuto di aver in qualche modo trasmesso al più piccolo dei suoi figli. Questa donna, minimo, è sempre stata isterica e tendente alla depressione paranoidea, ma, come avviene in molti casi, ha saputo nasconderlo. Talmente bene, l’ha nascosto, che la definizione ricorrente che dà di lei chiunque l’abbia conosciuta è che fosse "normale e tranquilla". Invece era sull’orlo del baratro chissà da quanto tempo. Credo che il Gip, mettendola in una cella, abbia fatto una cosa saggia, non perché la signora meriti la prigione, ma perché deve essere tenuta sotto controllo».

Come è possibile che la signora ricordi dettagli banali come l’ora esatta in cui è rientrata in casa e abbia dimenticato il resto? E se davvero fosse stata lei a uccidere Samuele in preda a un raptus, dove ha trovato la lucidità per portare l’altro bambino al pullmino della scuola e tutto il resto?
«Ha compiuto una serie di azioni in modo perfetto, ma senza sapere quello che faceva. Ha agito, ma senza registrare».

E le bugie, allora?
«Quelle contraddizioni non sono bugie, sono i ricordi che non ha. Confabula, inventa. Fa quello che fanno i bambini, incluso quel ripetere "Non sono stata io". Ma non basta, la frase detta al marito quando Samuele respirava ancora: "Facciamo un altro figlio poi andiamo via di qui", è agghiacciante detta da una madre. La signora Lorenzi, tornata Bimba, si è comportata come una bambina che abbia rotto il bambolotto e chiede che gliene comprino un altro. Lo stesso atteggiamento che ha ora in carcere quando chiede di essere mandata a casa, o gli scoppi di rabbia perché il Gip le contesta le affermazioni. Il non curarsi di seguire Samuele sull’elicottero e darlo per morto quando ancora respirava, come se fosse un problema ormai risolto o un giocattolo rotto».

Potrebbe accadere che la signora non ricordi mai?
«Sì. Ma sono convinto che ci sia un modo per raggiungerla in quella sorta di casetta in cui, metaforicamente, se ne sta nascosta. E sono certo che la signora possa ricordare».