GENETICA, RICERCA SCIENTIFICA |
"LETARGO" Quel giallo dei batteri resuscitati | Martedì 19 Marzo 2002 |
Franco Rollo
L'ANNO scorso, verso la fine di maggio, i giornali diedero risalto a una notizia che sembrava tratta di peso dal copione di un film di fantascienza: in un laboratorio americano era stata "risvegliata" una spora dopo un "letargo" di oltre 25 milioni di anni. La spora, appartenente a un batterio del genere Bacillus, proveniva dall'addome di un'ape, ermeticamente sigillata in un nucleo di ambra fossile. A dieci mesi di distanza, sopiti i clamori che accompagnarono il primo annuncio, il capo del team cui si deve la scoperta, Raul Cano, del Politecnico della California, ha tenuto un ciclo di conferenze presso le università di Camerino e Firenze, dove ha avuto modo di esporre ai colleghi italiani i particolari e gli aggiornamenti delle ricerche che hanno prodotto un risultato così straordinario. Occorre premettere che quello del bacillo di 25 milioni di anni non è l'unico esempio di "ritorno alla vita" di un microrganismo preistorico. Presso l'Istituto neozelandese per la ricerca di Lower Hutt è attiva una banca dati che conserva informazioni su ben 5000 casi, descritti nella letteratura scientifica, che vanno dall'isolamento di un attinomicete dal muco nasale di un mammuth siberiano, al rinvenimento di clostridi (metabolicamente attivi, naturalmente) nell'impasto dei mattoni del tempio di Amon a Karnak. I primi studi sull'anabiosi (dal greco ana = ripetizione e bios = vita) risalgono al secolo scorso. Sebbene la disciplina abbia annoverato, nel tempo, cultori illustri come Louis Pasteur, la singolarità dei temi trattati, l'uso di materiali fuori del comune e la possibilità, sempre presente, che microbi moderni penetrino di soppiatto nelle provette e nelle capsule dei laboratori, hanno fatto sì che, spesso, i risultati in questo campo siano stati accolti con più o meno dichiarato scetticismo. Non c'è dunque nessun motivo per stupirsi se la comunità scientifica si è divisa anche sulle spore nell'ambra. In questo caso, le più forti obiezioni sono venute da Thomas Lindahl, un biochimico svedese considerato la maggiore autorità in tema di stabilità del Dna. Secondo Lindahl, la molecola a doppia elica a cui è affidato il patrimonio genetico di tutti gli esseri viventi non è in grado di resistere per un tempo così lungo. Nel corso della sua prima conferenza, Cano ha mostrato una serie di diapositive che mostrano come, nella Repubblica Dominicana, i nuclei di ambra, contenenti le api preistoriche, vengono estratti dal fondo di profondi cunicoli scavati nella roccia friabile. "Un lavoro duro e pericoloso", ha commentato il microbiologo californiano. Una volta portato in laboratorio, il blocco di ambra viene sterilizzato e poi aperto con ogni precauzione, per raggiungere l'insetto nel cui addome sono racchiuse le spore. Queste vengono poi poste in un brodo di coltura dove possono germinare. E' stato a questo punto che gli ascoltatori hanno avuto la prima sorpresa: nel corso degli esperimenti condotti presso il Politecnico della California, sono state isolate non una, ma numerose specie di batteri e perfino alcune muffe. Un risultato, questo, sufficiente ad escludere che ci si trovi di fronte ad un banale caso di contaminazione ambientale. Cano, però, non si ferma qui. Dati alla mano, dimostra come i microrganismi estratti dall'ambra siano geneticamente diversi da qualsiasi altro microrganismo conosciuto. Alla fine della conferenza, come previsto, le domande fioccano. "I batteri dell'ambra possono rappresentare una minaccia per la biosfera attuale?". Raul Cano risponde: "Anche se dovessero fuggire dal laboratorio nel quale vengono custoditi, non riuscirebbero a vincere la competizione dei microbi già presenti nell'ambiente naturale". "Possiamo parlare di "effetto Lazzaro"?". La risposta non si fa attendere: "Lazzaro era morto, quando fu riportato in vita; questi batteri dormono solo un sonno molto profondo".