L'Eco di Bergamo | Martedì, 27 Maggio 2008 |
Psicologi in carcere:
Sempre più detenuti, dimezzate le ore.
Cinque minuti di trattamento al mese per ogni carcerato
A rischio i servizi di osservazione e di prima accoglienza
Cinque minuti al mese per ogni detenuto. Semplificando, questo è il servizio psicologico che l’amministrazione penitenziaria garantisce ai detenuti del carcere di Bergamo. E per assistenza psicologica si comprende anche il fondamentale contributo portato dagli esperti all’equipe di osservazione, quella che fornisce al giudice di sorveglianza gli elementi per decidere sulle misure alternative al carcere.
IL TAGLIO DELLE ORE
Il taglio delle ore degli psicologi (tecnicamente di osservazione e trattamento) è arrivato come un fulmine a cielo non propriamente sereno, visto che il servizio era già sottodimensionato: invece delle 110 ore mensili previste da una circolare che risale a più di 20 anni fa, i tre psicologi in servizio in via Gleno già ne svolgevano 80. «Dal 1° aprile – spiega il dottor Vincenzo Aquino – sono state ridotte a 42 e attualmente sono 39». «Una situazione – ha spiegato la psicologa Doris Saltarini, in servizio a Opera, che ha raccolto la situazione del servizio anche nelle altre carceri lombarde – comune a tutta la Regione. La circolare, infatti, proviene dal Provveditorato di Milano, presso il quale è in programma un incontro chiarificatore per capire se ci sono soluzioni a breve termine. Gli psicologi hanno inviato a tutte le istituzioni coinvolte un documento in cui sottolineano la gravità della situazione e chiedono interventi immediati. Il direttore della Casa circondariale, Antonino Porcino, conferma che, «con il numero ridotto delle ore, è in sofferenza il servizio di osservazione e trattamento, ma anche quello di accoglienza, destinato ai cosiddetti "nuovi giunti", cioè a chi è appena arrivato in carcere». «Con così poche ore a disposizione – rimarca Aquino – io e i miei due colleghi siamo costretti per forza di cose a ridurre drasticamente la nostra presenza nelle equipe e nel servizio trattamentale». A rimetterci, oltre che i detenuti stessi, anche gli altri operatori del carcere, come ha sottolineato anche l’associazione Carcere e Territorio, che invita le istituzioni ad agire contro la drastica diminuzione delle ore.
IL RUOLO DEGLI PSICOLOGI
Gli psicologi e i criminologi che lavorano nelle carceri sono assunti come consulenti dell’amministrazione penitenziaria. Nell’attività di osservazione, rivolta solo ai detenuti definitivi, svolgono un ruolo fondamentale e delicato all’interno dell’equipe che dà il parere al giudice di sorveglianza che poi dovrà decidere sulle misure alternative. Dell’equipe fanno parte anche l’assistente sociale dell’Ufficio per l’esecuzione penale esterna, l’educatore del carcere, la polizia peniteniziaria e il direttore dell’istituto. Gli psicologi svolgono anche azioni di trattamento per tutti i detenuti e per i «nuovi giunti» si occupano dell’accoglienza. La loro figura è stata istituita dall’ordinamento penitenziario del 1975. Da allora da semplici consulenti sono diventati praticamente organici al sistema della pena carceraria, anche se il loro ruolo istituzionale è rimasto sempre poco definito, come si è visto anche nel recente passaggio di consegne della medicina penitenziaria dal ministero della Giustizia a quello della Salute.
L’AUMENTO DEI DETENUTI
Le ore sono dimezzate, ma il numero di detenuti cresce ed è destinato ad aumentare, rendendo di fatto nullo l’effetto benefico dell’indulto. Attualmente, tra uomini e donne, sono circa 470, ben oltre la capacità del carcere. Con tre psicologi che, ogni mese, garantiscono appena 39 ore. E con l’arrivo dell’estate il sovraffollamento non è una situazione facile da gestire. Lo sottolinea anche la Cisl della polizia penitenziaria, che in una lettera indirizzata al direttore Antonino Porcino e al provveditore Luigi Pagano esprime preoccupazione per «l’elevatissimo numero di ristretti» e avanza una serie di proposte per «contenere l’emergenza e mantenere livelli di ordine e sicurezza accettabili nell’istituto.
Paolo Doni