Cacciari: Abbattiamo le barriere della tecnica

 

di Gianni Santamaria


Massimo Cacciari, dopo la lunga docenza di Estetica a Venezia e l'impegno diretto nelle istituzioni politiche, dal prossimo anno accademico assumerà l'incarico di presidente del Comitato ordinatore della nascente facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele.

Professore, che cosa si aspetta dall'incontro con le realtà scientifiche?

"È un disegno ambizioso pensare un insieme che componga una facoltà di cura, dove il termine va inteso nel senso integrale. L'idea, che mi ha appassionato, è quella di una trasversalità che interconnette mente, corpo e diciamo pure anima".

Sono cadute delle barriere, se un istituto votato sì alla cura ma anche alla ricerca sperimentale si rivolge alla filosofia?

"Sì, perché devono cadere. Ormai siamo in un'epoca in cui o anche le scienze, le tecniche, riacquistano piena responsabilità, oppure continueremo a fare prediche nei loro confronti. Una morale più o meno alta, ma sempre qualcosa che si proietta dall'esterno verso queste pratiche. Invece occorre tematizzare il problema della responsabilità all'interno di esse. Quindi anche le facoltà scientifiche, secondo me, sempre più dovranno interiorizzare una dimensione filosofica".

Responsabilità vuol dire agire. Tocchiamo quindi anche l'ambito sociale e politico.

"Ci sarà. Ma la facoltà in generale si chiama "Pensiero concreto", per indicare la dimensione del pensare, tutt'altro che astratta. Filosofia è pensiero massimamente concreto perché si dirige alla cosa, cercando di vederla al di là di tutti i veli ideologici, i dogmi, le superfetazioni, le opinioni che le si sono ammonticchiate sopra. Dunque, è spogliarla di quella che i classici chiamavano doxa, opinio e andare a riscoprirla nella sua essenzialità. Bisogna vedere come matura la responsabilità. In quali forme il medico, lo scienziato, l'uomo d'affari in quanto tali assumono piena responsabiltà del proprio essere nel mondo, del proprio essere sociale? Devono dirlo loro. E il filosofo aiutarli a porre correttamente questa domanda".

Su questo versante può cadere anche la barriera cattolici laici?

"Totalmente. Come risulta dalla mia presenza la facoltà è totalmente aconfessionale. Le persone sono state scelte tutte sulla base delle idee che ho esposto. E che per studi fatti insieme, rapporti di lavoro, dialogo ininterrotto da anni su questi temi possono formare una comunità scientifica".

Questioni bioetiche sono tutti i giorni in primo piano. Come le tratterete?

"Oltre alle filosofie di base, i corsi saranno caratterizzati dalla politica - le prassi fondamentali dell'agire che vengono tematizzate - dalle scienze cognitive - mente linguaggio e così via - e dalla parte che riguarda l'etica come responsabilità nel campo medico e nel campo economico. Non faremo un insegnamento di bioetica in cui un filosofo parla di ciò che dovrebbero pensare, credere e fare lo scienziato e il medico, ma i corsi saranno tenuti insieme da medici e filosofi".

Nuova scienza significa anche nuove tecnologie della comunicazione. Come educare al sapere critico le nuove generazioni in questo contesto?

"Bisogna che qualunque operatore, non solo nella scuola e nell'università, ma nel campo della comunicazione, degli uffici di rappresentenza e così via abbia conoscenza non solo di carattere tecnico-strumentale, ma dei fondamenti storici, filosofici, epistemologici. Pensiamo solo al campo dell'informatica. Per come si sta sviluppando è una conoscenza puramente di fatto. La nostra scomessa è che man mano che la parte hard si riduce e si sviluppa quella soft ci sia sempre più bisogno di figure trasversali".